Oxbow + Monsieur Gustavo Biscotti – 18/11/09 Arci Kroen (Villafranca – VR)

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Può capitare che uno stato d'animo non proprio sereno modifichi la percezione delle cose, è normale. Quindi ci sta che in un periodo abbastanza… doom, un concerto la maggior parte dei presenti giudichi epocale, a me appaio "solo" molto bello. Ma trattandosi di gente della massima fiducia, mi limito quindi alla fredda cronaca, priva di giudizi troppo evidentemente alterati. Fidatevi di loro. Quando entro nel locale Eugene Robinson non c'è ancora; il soundcheck se lo sono fatti solo i tre strumentisti e hanno stipato il palco all'inverosimile, tanto da costringere i Monsieur Gustavo Biscotti, il gruppo di spalla, ad emigrare su una pedana nella stanza adiacente. Per loro quattro pezzi in venticinque minuti e un genere che, con l'inserimento di un chitarrista a fianco dei due bassi, aggiunge la particella -rock al prefisso post-, cancellando il precedente -core. Si è dalle parti dei Floor meno sludge, coi suoni che si fanno liquidi, trattenuti solo dalla batteria potente e accompagnati, novità, da qualche vocalizzo: si aprono nuove prospettive oxbow_______________oxbox___kroen02per il futuro, magari pure quella di un nome nuovo. Il batterista degli Oxbow dimostra di apprezzare. Intanto mr. Robinson ha fatto la sua comparsa: mi immaginavo una specie di Evander Holyfield, ma oltre ad essere più basso di quello che mi aspettassi, con una palandrana nera che lo fa apparire meno gonfio, la cuffia fin sugli occhi, il baffo sottile e la dentatura cavallina, mi ricorda piuttosto…cazzo, Eddie Murphy! È così che il nostro si presenta al prologo del concerto, un minuscolo set montato a pianterreno e tre canzoni cantate senza alcuna amplificazione, con chitarra, contrabbasso e batteria ridotta al minimo ad accompagnare. Nella suggestiva location, col pubblico stipato sulla scala e sulla balconata che si affaccia sulla zona bar, spicca su tutto un'Angel davvero suggestiva in queste vesti. Poi si sale, il gruppo prende possesso degli strumenti elettrici mentre Robinson, nascosto dietro la colonna di amplificatori del basso, si mette in ghingheri: capelli crespi pettinati all'indietro con sciccosa striatura grigia, giacca, cravatta e panciotto neri, pantaloni in tinta. Non che durino oxbow_______________oxbox___kroen01molto: giacca e cravatta spariscono alla fine del primo pezzo, la camicia nel secondo e alla volta del quarto la livrea è questa: panciotto indossato sul torso nudo, agghiaccianti slip aderenti bianchi con la scritta Israel sulle chiappe, scarpe e calzini; fortunatamente non si spingerà oltre. Sarà un caso, ma è a questo punto che il concerto si impenna: cadenze che si interrompono bruscamente, ritmi che si spezzano, il tutto sottolineato dal movimenti a scatti del frontman, ora nel suo ambiente naturale, alle prese con una musica che più che una mazzata, come mi aspettavo, è una rasoiata continua. Inevitabili le concessioni alla mitologia del gruppo: un concerto senza che Eugene si tocchi ripetutamente il pacco e non infili il microfono a far compagnia ai genitali sarebbe come se a uno degli AC/DC Angus non si esibisse nel suo proverbiale passo. La scaletta verte sul recente A Narcotic History, con qualche puntata nel passato e con Robinson che dà sfogo a tutto il repertorio, dalle moine agli urli belluini, entrando, dove la coolness newyorkese sembra prevalere, con la grazia di un elefante in una cristalleria. Va da sé che, col benestare degli strumentisti, la cristalleria si trasforma subito in una fonderia. Eppure è musica che, nonostante l'impatto puramente hardcore, rimane profondamente blues ed è capace di far cogliere molto al di là della violenza di facciata. Mi sa che i molti hanno ragione: concerto dell'anno.