Ovo – Ignoto (Artoffact, 2022)

Ovo.
La mia prima volta fu, se non erro, il concerto al Cox 18 a Milano, insieme ai Rollerball, ancora in trio con Jacopo Andreini, poteva essere il 2001 suppergiù.
Ad ogni incontro un pugno nello stomaco, ad ogni disco ascoltato ed ogni live visto la sensazione di una via parallela, oscura, romantica, pregna.
Non posseggo 10 dischi di molte bands e l’idea che Ignoto sia il loro decimo lavoro, beh, da il giusto peso a questo ennesimo tuffo nella loro pece.
La Morte Muore sembra essere la cronaca di uno sfacelo, con delle reiterate punte di cattiveria. Il suono è spesso, dotato di una massa in movimento, con delle vene e delle radici che sembrano essere maggiormente decomponibili. È un percorso che attraversa più fasi, senza nessuna redenzione, avanzando fino allo sfascio aumentando sempre di più velocità e slancio.
Provo a fare un passo indietro ascoltando certa musica ed attento alle sfumature che ci colgo penso a come queste possano arrivare ad un pubblico meno allenato. Paura, sgomento, disturbo, magnetismo. Queste quattro probabilmente potrebbero essere le sensazioni che Ovo scatenerebbero. Dovendo raffigurare visimamente il loro suono penserei alla versione bruta ed incattivita di Yor, il gigante di pietra della Storia Infinita di Wolfgang Petersen, ad accompagnare un sabba di streghe sui prati dell’inferno.
Distillati di Tenebre prende velocemente una piega arrembante e lo sbraitare di Stefania Pedretti insieme ai colpi ed ai rombi sembrano veramente squarci di vita quotidiana del servizio di sicurezza dell’inferno, Cerbero ed i suoi fratelli. C’è ritmo, c’è foga, c’è impeto, c’è soprattutto il controllo affinché tutta questa massa si gonfi senza esplodere mandando il tutto fuori giri. Le abrasioni che si susseguono aprono realmente degli squarci sonori, con degli stacchi che sembrano essere permeati da una sensualità marcescente. Non so se, tra l’altro, sia sensato parlare degli Ovo come di un progetto che aprono porte su altri mondi, mostruosi e misteriosi. Perchê non considerare il fatto che possano provenire direttamente da questi mondi ed esserne i rappresentati della musica popolare? Relativizzare il cattivo gusto imperante del pianeta terra potrebbe essere un grande passo per la via ad un mondo migliore, dove Hotblack Desiato governa realmente le classifiche e dove i readings poetici dei Vogon siano espletati a microfoni spenti e con feedback onnipresenti.
Musica viva, che scava nei nostri padiglioni auricolari, mille di questi dischi agli Ovo, ad Artoffact ed a tutti i folgorati sulla bocca dell’inferno musicale.