Oscenità Sulla Luna – 21/07/12 Spazio 4 (Piacenza)

Incubo di una notte di mezza estate. L’ultima cosa che ci saremmo aspettati di vedere e sentire è una carrellata di paladini del rumore esibirsi alla periferia (semi)verde di Piacenza, sotto la tettoia di un locale che fin’ora non aveva ancora osato spingersi in questi territori. Eppure, nella sua totale improbabilità, è uno di quegli eventi che solo nella provincia italica possono accadere. L’idea è folle e votata al sicuro fallimento, ma sarà l’incoscienza, oppure la coscienza di non aver nulla da perdere, fatto che si inizia alle otto fra pochi intimi, quasi tutti addetti ai lavori e si chiude a mezzanotte davanti a un pubblico quanto mai vario. Perché la serata sia dedicata all’anniversario dello sbarco sulla luna, a parte la coincidenza di data, mi sfugge, anche se i personaggi più o meno alieni che si trovano qui potrebbero in parte giustificare la cosa: si distinguono in particolare due spiritosoni col cappuccio del Ku Klux Klan, un uomo vestito di sacchi della monnezza che rivela inquietanti somiglianze con Milan Fras dei Oscenit_sulla_luna_-_peopleLaibach, un paio di emo 2.0 (arrivati e presto fuggiti) e tutta una serie di figuri nerovestiti che non sfigurerebbero a un concerto black metal. Sarà una carrellata attraverso tutti i colori del rumore, solo all’apparenza uniforme e la cui qualità è garantita dalla sola presenza dell’immancabile Ludwig. Apre Kern, noise sibilante e spoken word suonato sotto a un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia che nel frattempo ha preso a cadere con insistenza. Sarà il primo e unico tentativo di esibirsi all’aperto; quando all’orizzonte cominciano a lampeggiare i primi fulmini ci si trasferisce, armi e bagagli, sotto la tettoia del locale: anche i noiser più freak hanno una coscienza, o quanto meno un istinto di sopravvivenza. A esordire al coperto è il duo  Space Chicks In Toruble che con la sua hard-glitch non scalda più di tanto l’atmosfera, tocca così a Molestia Auricularum che, fedele al proprio nome, dopo un inizio tranquillo (nei limiti consentiti dal genere) e una repentina impennata dei volumi, finisce martoriando un piatto di batteria col flessibile, fra gli sguardi preoccupati di alcuni astanti, evidentemente timorosi per la propria incolumità. Ancora più violenta, sarebbe meglio dire animalesca, è l’esibizione del duo Nascitari & Poseitrone, sempre noise analogico (se non si era capito sarà questo il fil… noire della serata), ma accostato a percussioni metalliche. Al centro della platea una specie di installazione di piatti di batteria e lastre di metallo viene prima percossa e poi aggredita da una figura incappucciata (scopriremo poi essere Lorenzo Abattoir), con movenze alla Gollum: vero disagio. Se la musica finora proposta non è propriamente accomodante, e le previsioni per il futuro non sono delle migliori, nei dintorni del palco la vita scorre comunque serena, fra chiacchere, Oscenit_sulla_luna_-_Nascitari_Poseitronebevute e sguardi curiosi dei meno addentro alla materia. Assolutamente degne di nota sono le specialità vegan vendute al banchetto, con particolare plauso alla torta di patate, che nulla ha da invidiare alla ricetta tradizionale. A farci tornare brutalmente nei vortici del rumore è il post industrial della coppia Fecalove e Indch Libertine (in splendido vestito pretesco). Prima di scatenarsi, mister Fecalove aka Nicola Vinciguerra, in improponibile camicia hawaiiana, dimostra tutto il suo amore per l’umanità girando fra il pubblico e accarezzando i presenti con una mano, mentre l’altra se ne sta comodamente infilata nella patta dei pantaloni; poi sarà solo rumore ed urla disperate. Si continua con sentimento nell’esibizione delle donne di casa: le Rage Against The Sewing Machine, in seducente mise argentata, mischiano simboli rassicuranti come macchine da cucire e cristi lampeggianti agli ormai abituali rumori e canzoni melodiche d’altri tempi. In una situazione dove ognuno ha dato la propria particolare interpretazione del verbo rumorista, Luca Sigurtà, in genere non particolarmente pop, fa quasi la figura del cantante neomelodico. È un piacere che notare che, visto tre volte nel giro di due mesi, non abbia mai proposto due volte lo stesso set. Stavolta le percussioni hanno nettamente il sopravvento, generando un set al limite del dub, per quanto sempre discretamente sporco e rumoroso. Un finale perfetto, che ottiene l’attenzione di un pubblico quanto mai eterogeneo, non fosse che il vero finale ha ancora da arrivare. In genere i DJ set sono semplici corollari alla serata, qui invece mettono in mostra uno spirito cazzone che presente sottotraccia per tutta la serata e che ora si fa manifesto. Così Dj Balli mette in scena una serie di classici (a volte Oscenit_sulla_luna_-_RATSMorribilmente velocizzati) intervallati da rutti e scoregge, che danno l’illusione di poter essere ballati per poi deludere l’attimo dopo: fra i protagonisti della serata è certo da segnalare uno sfortunato avventore che rimarrà vittima del perverso giochino, partendo più volte con tamarrissimi passi di danza subito abortiti. Nemmeno le richieste di mettere i Combichrist saranno accolte. Dopo un breve passaggio di consegne, ci pensa Ralph Brown a mette la pietra tombale su ogni ipotesi di danzabilità con una selezione di puro rumore privo di ritmi, tra gli sguardi attoniti e perplessi di molti. E adesso, si può davvero finire (tra l’altro a orario decentissimo, cosa sempre gradita specie se si viene da lontano). Alla fine direi che tutti hanno da essere soddisfatti, gli organizzatori, gli spettatori e i musicisti (?) che per una volta non hanno avuto il solito pubblico abile e arruolato. Non che questa musica (?) possa pensare di fare proseliti, ma cambiare aria e uscire dai soliti contesti-ghetto tipo gallerie d’arte o centri sociali fa sicuramente bene.

(foto di Giorgia)