Nick Cave & the Bad Seeds – Wild God (PIAS, 2024)

Il Dio selvaggio di Nick Cave si esprime in sermoni gospel nei quali sembra di percepire un suono montato, candido e spirituale come una meringa in purezza. Song Of The Lake apre così il diciottesimo album del riccamente accompagnato australiano. Nick suona ruvido il giusto e la sua voce si dibatte roca nella title track, ed è il mestiere e la personalità che ci accompagnano in storie che hanno sempre più l’aspetto di vecchie leggende. Il coro utilizzato scuote e sembra scatenare energia in fiammate, mentre i suoni sono ottimamente evidenziati da un lavoro certosino al mix di David Fridmann. È musica soul quella dei Bad Seeds, musica che rappresenta in continuazione la vita come risultante dell’eterna lotta fra il bene ed il male, fra perdita e rinascita, elaborazione universale di un percorso ormai infinito.

Salmi, preghiere, urla al cielo, non si rivolge a noi Nick Cave ma abbiamo la fortuna di ascoltarlo, di sentirlo e di allinearci ad un’intensità ed un calore che è quello dei grandi.

I brani sono laghi sonori nei quali perdersi, forse mai così diradati ed abili nel mischiare le consistenze di particelle che potrebbero facilmente farsi stucchevoli, su quali il nostro, come nella toccante Joy, si mette a nudo.

È un disco senza remore Wild God, che credo verrà amato ed odiato in egual misura, un disco profondamente umano perché prova a spingersi oltre, fallendo ma venendo ricompensato da un tentativo, quello emozionale, di Nick, dei semi cattivi e del coro. Fanno il loro meglio per portare pace, gioia, come fossero angeli in missione, ma sono solo esseri umani, sofferenti e trascinanti le nostre stanche membra. Viene meno la veemenza da brani come Final Rescue Attempt ma non la passione, in un crescendo messianico.

Il soul di Conversion si sposa perfettamente con l’incedere vocale del nostro, in una ritualità che è vecchia quanto la fede e che sembra essere incrollabile, musicalmente e spiritualmente parlando. Long Dark Night è toccante, sembra di sentire Johnny Cash a tratti, in una sorta di pre-trattamento rubiniano che unisce due poli di grande amore. Ma si sale ancora, così come l’acqua che copre il mare, fino a superare le altezze e guardarci dall’alto.

Così è se vi piace, perdersi questo viaggio sarebbe più masochistico che un martirio.