Nella natura di TAR, con Corecass.

Corecass è progetto che mi è entrato nel cuore anni fa anche se, nonostante tutti i miei sforzi, non riesco a ricordare esattamente il momento nel quale incontrai la musica di Elinor Lüdde. Credo sia qualcosa di relativo all’organizzazione del tour europeo dei Black Fluo dei quali mi occupai anni fa ma potrei sbagliarmi. In ogni caso, seguendo pedissequamente le attività del progetto musicale di Elinor sono finalmente riuscito a godermi l’ascolto del suo ultimo album e soprattutto a scambiare qualche chiacchiera sulla sua visione artistica. Questo ne è un resoconto, alzate il volume

Salve Elinor, grazie mille per la tua disponibilità innanzitutto….come stai? TAR è finalmente uscito, quali sono i tuoi sentimenti a proposito? Che tipo di sentiero ti ha guidato da Sacer a
V O I D a TAR, in termine di ispirazione, ideazione, composizione e registrazione?

Grazie mille per avermi contattato intanto! Sto bene, grazie. Solo un pochino stressata dagli impegni promozionali per TAR e per la preparazione del mio nuovo live set. Ma non voglio compatirmi quindi tutto bene. Ho appena realizzato che l’intero processo che porta alla realizzazione della musica che scrivo è quello che mi piace meno. Ho completamente perso le distanze da TAR, quindi sono fiera che esca finalmente così da poerlo finalmente lasciare da parte per un po’. Il sentiero che ho intrapreso da Sacer a V O I D a TAR è stato completamente imprevisto, con molti ostacoli da affrontare, limiti da superare, sorprese ed una quantità incomprensibilmente enrme di autoriflessioni e processi interiori. Cosa rimane uguale è il tentativo di sperimentare cose nuove con ogni lavoro. Sono una persona curiosa e non mi piace ripetermi troppo. È un viaggio molto intuitivo del quale non posso mai prevedere il punto d’arrivo. Lo faccio respirare, crescere, lo nutro con le circostanze e le possibilità che prendo. Generalmente il mio processo produttivo è diventato più professionale e meno casalingo rispetto a Sacer nella mia fase passata. Sento anche più pressione su di me nel fare qualcosa di buono ed è duro gestire questa cosa. Devo essere prudente per non cadere in questa dinamica.

Ho ascoltato il disco diverse volte, sempre con la sensazione di essere stato testimone di una lotta, una lotta che ha cambiato di molto gli attori che l’hanno intrapresa, una sorta di crescita che, sebbene possa non soddisfarci, non ci esime dal continuare a lottare nella mischia. A livello tematico TAR sembra invece parlare esplicitamente di dissoluzione e rinnovazione nel mondo naturale. È un album consapevole TAR?

Mi piace molto la descrizione che hai riportato dall’ascolto di TAR, dal mio punto di vista personale è esattamente come lo descrivi. Solo che l’unico attore coinvolto nella lotta sono io. Parlo principalmente di me stessa, TAR descrive un processo interiore che ha visto attraversare depressione, disperazione e perdita di speranza. Ma anche amore, consapevolezza di se, amore per se stesse e crescita. Albedo ad esempio descrive il momento nel quale la fenice rinasce dalle proprie ceneri, lasciando le vechie paure, emozioni e modelli dietro di se. È il momento catturato da Jenny Brewer nella copertina dell’album. È un superamento di se stessi che permette di diventare se stessi. TAR attuamnete testimonia il momenti più scuro della mia vita. Per me la speranza è necessaria per andare avanti, perdendola perdi tutto. Con speranza intendo una connessione con se stessi più che l’idea che le cose eventualmente possano migliorare. Bisogna lavorarci, combattere, per se stessi e per le persone che ami.

Ercüment e Colin portano, con le loro voci, ombre e nubi sul tuo piano e sul tuo universo. Cos’hai chiesto loro e che reazioni hai avuto ascoltando i loro contributi?

Il processo con loro due è stato molto differente. Nel caso di Ercüment ho scrito io le liriche e le parti vocali, parlando con lui del significato del suo intervento e di come avrebbe dovuto suonare. Ha poi contribuito con le sue idee alla forma finale del brano, aiutandomi nel processo di lavoro facendomi superare un blocco. Per la traccia di Colin ho avuto piuttosto presto l’idea di chiedergli un contributo vocale. Era come se potessi già sentire la sua voce su quella traccia. Quando finalmente ho osato chiederglielo ha immediatamente accettato, ma solo se avesse potuto cantare le sue parole. Ho subito amato l’idea. Gli ho spiegato cosa avessi in mente a livello sonoro soprattutto rispetto allo sviluppo ed alla potenza, al significato, a cosa volessi dire con lui. Abbiamo anche avuto una conversazione piuttosto intima su di me, la mia vita, le mie relazioni. Basandosi su queste informazioni ed i suoi sentimenti e pensieri ha scritto il suo contributo senza che dovessi cambiare più nulla e registrandolo. Rimasi sbalordita leggendolo. Ci aveva semplicemente azzeccato. Era perfetto. Idem con Ercüment: la sua voce in Disrupt è la miglior aggiunta che potessi immaginare per la mia musica.

Tua sorella Barbara collabora con te in Sørunej: potresti parlarmi di questo brano? Qual è la sua storia?

Sørunej è il nome della dea fittizia alla quale ho indirizzato questa canzone. Una dea dell’amore, del calore, della femminilità e della solidarietà. Una madre, una sorella che ti dia forza e calore. Questa canzone è un grosso abbraccio caldo a me stessa, a tutto le donne straordinarie della mia vita, alla mia femminilità ed al femminile in generale. Per questo il mio sogno era che mia sorella Barbara potesse accompagnarmi con la sua bellissima e cristallina voce. Siamo molto unite una con l’altra. Questa canzone mi è molto cara anche perché ho trascurato una sorta di morbidezza dentro me per lungo tempo. Questa canzone è un ringraziamento a cuore pieno a tutte le persone che mi hanno permesso di riconnettermi con me stessa. Senza di loro CORECASS probebilmente non esisterebbe nella sua forma.

Ascoltando TAR sembra di imamginarti in movimento, portando con te il pianoforte in una storia personale che seguiamo pur non conoscendone ingredienti e via. Questo porta alla costruzione singolare di percorsi di ascolto: che punto di vista hai con la fruizione del tuo lavoro? Preferisci dare delle indicazioni di ascolto rispetto al tuo percorso ed alla tua storia oppure preferisci che ognuno arricchisca il tuo lavoro con il suo mondo?

Amo l’idea che le persone creino la loro storia personale con il mio mondo sonoro. Avendo un punto di vista personale su quel che racconto amo che gli ascoltatori possano crearsene uno personale: riuscire a parlare ai loro cuori, alle loro paure, ai loro sentimenti e così via. Non voglio dare troppe indicazioni, qui non c’è giusto o sbagliato. Un mio buon amico mi disse che ascoltare TAR è stato come leggere il mio diario. Spero che il pubblico trovi le proprie storie al suo interno, collegandoci così tramite i nostri sentimenti, che sono universali. Ho disegnato un mondo piuttosto triste nel quale vorrei che le persone siano in grado di relazionarsi andando oltre allo stesso momento. Sono certa non sia fato per tutti e quel che senti dipende da ciò che metti in gioco. Se questo porterà ad un sentimento di connessione ne sarò più che felice, la connessione è la chiave.

Presenterai il disco live? Con che formazione? Quale credi possa essere il contesto migliore per entrare nel mondo di Corecass?

Sì, presenterò parte dell’album live, in un set che comprenderà anche parti di V O I D. Christopher mi accompagnerà ancora con chitarra, basso e sintetizzatore, non suonerò da sola. Il miglior contesto per entrare nel mio mondo è quello più quieto, nel quale potersi dissolvere completamente nel mondo musicale che presento. Non importa che siate soli o con qualcuno. Dovete essere in grado di ascoltare. DI ascoltare veramente. Se non lo sarete ho paura non riuscirete a goderlo od a comprenderlo. Se lo farete amerò conoscere la vostra esperienza.