È passato circa un annetto e mezzo dall’ultima occasione di vedere dal vivo il duo dei Mulo Muto, in quell’occasione accompagnati nella voglia sonora prima da Daniel Drabek e poi da Icydawn. Passa il tempo ma non le facce, questa volta al Teatro Cambusa di Locarno sono in programma come apripista alle esibizioni di Enki e di Sokushinbutsu Project, all’interno di una due giorni che ha visto protagonisti anche Joel Giardini, MeVdA e BRTHRM. Molti nomi per alcuni dei personaggi cardine della scena noise ticinese ed italiana.
Ne location ne organizzatori hanno pensato di dotare il publico di tappi per le orecchie e cii si adopera con dei brandelli di carta da cucina a coprire i timpani più sensibili, consci che potrebbero non essere del tutto rose e fiori questa sera.
Con precisione elvetica alle 22:00 attaccano i Mulo Muto, coadiuvati da Icydawn per una formazione a tre che risuona granulosa e cosmica nell’aria. L’impianto si fa più feroce e caustico mentre la sala inizia a raccogliere accoliti ad un rito caustico, dietro al quale scorrono filmati d’epoca, fra dadaismo e surrealismo. Il volume è sufficientemente alto ed acre da poter bestemmiare a volume colloquiale e va a riempire spazi e corpi come scarto metallico di una fresa industriale. Pian piano la sequenza include intrusioni di bassi dal sapore orientale, impedenze e muri che si scontrano colorando ancora di più uno show di sicuro impatto nella sua possenza. Il loro è un corpo sonoro che merita di essere visto dal vivo per capire quali siano le possibilità di collegamento fra mani e cavi e come gli strumenti musicali possano inserirsi in un combattimento fra uomo e macchina senza nessun vincitore.
è ora il turno di Enkil, nome dietro il quale si nasconde Franco Barletta, vera sorpresa per me della serata nonché faccia sconosciuta (con il quale purtroppo non sono riuscito ad interloquire, ne a portargli i saluti e gli abbracci che avevo promesso di fare a Daniele Santagiuliana) che sarà forse più noto ai più come metà dei Black/Lava, progetto che condivide con Fabio Oliviero. Il suo set è parecchio più colorato e, pur giocando con tratti noise ed industriali non disdegna sortite maggiormente ritmiche, sfregamenti di cordame che richiamano isole lontane ed un’idea che sprigiona viaggio e ricerca più che statica messa in scena o massa sonora. In questo senso si respira letteralmente (considerando la temperatura dello spazio) facendosi librare dalle note che così bene intercalano e rivitalizzano un suono che parte comunque da basi attinenti ad una visione rumoristica ed in grado di distinguersi all’orecchio.
Ultima pausa della serata ed ingresso in scena dei Sokushinbutsu Project: ad esprimere questo processo di automummificazione (del quale vi abbiano raccontato già in sede di recensione) Massimo Mascheroni, già in forza agli ODRZ ed Enrico Ponzoni si posizionano con la loro strumentazione a lato del palco, uno di fronte all’altro in un passaggio energetico e creativo. Se all’inizio il suono ha bisogno di una decina di minuti a carburare e fa temere il peggio, ovvero una sterile semi improvvisazione, con il procedere del rituale i flussi si incrociano e sulla tavolozza dark ambiente si innestano note acustiche da una sorta di maracas, le urla ed i vagiti strozzati di Massimo e le imperiture vocalità di Enrico, che a tratti pare muoversi sul medesimo campo da gioco di Samuele Innocenti e Lorenzo Abattoir. Rispetto ai due citati però le urla sono molto più umane così come i gesti, a tratti quasi rock o comunque da quella stirpe discendenti, per un set musicale che riesce a dare la giusta bastonata ad una serata torrida ed intrigante.
Nel finale i banchetti con dischi e nastri sono esagerati ed abbiamo la fortuna di ricevere, da Luce Sia, quattro delle loro prossime produzioni, aspettatevi quindi parole e pensieri a proposito di Tam Quam Tabula Rasa, Elena M. Rosa La Vita & Massimo ODRZ Mascheroni, Jarl e Capricorni Pneumatici.
Luce Sia e L’è Tutt Folklor si dimostrano in grado di testimoniare l’ampiezza del suono attuale, garantendo una proposta fresca e la possibilità di cementare una piccola scena, dei quali frutti godremo sicuramente nei prossimi appuntamenti.
Per ora grazie, ascolteremo quanto prima ritornando sulle prossime produzioni consapevoli che anche in questo remoto angolo di terra ci sono sacrosanti ascoltatori e, perché no, performer