Mudhoney – Under a billion sun (Sub Pop, 2006)

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Sarà qualcosa nell’aria (spero di no) o semplicemente il fatto che chi ha suonato con passione la propria musica, difficilmente riesce a starle lontano (spero di sì). Eppure in questi ultimi anni i ritorni di fiamma si sprecano. Quello dei Mudhoney compreso. Il gruppo che – secondo gli agiografi più informati – potrebbe avere inventato il grunge (se sia un merito o un crimine è ancora da accertare, by the way) è di nuovo in pista con un lp\cd targato Sub Pop (come ai vecchi tempi), che ha una particolarità come minimo simpatica. Ogni copia in vinile contiene anche una versione su cd del disco; come dicono i Mudhoney stessi: “Go vinyl and use the enclosed disc to transfer the music on your fave mp3 player!”. Non male, direi. Una bella mossa, anche se non indagheremo su chi ne sia stato il promotore (la band? L’etichetta?).
Ma veniamo alla musica. I Mudhoney dell’anno del Signore 2006, in pratica, sono come il Tegolino del Mulino Bianco. Mi spiego: il Tegolino che mangiavo nel 1982 era buono, me lo ricordo come una golosata. Quello di adesso è differente. Si chiama Tegolino, è più o meno identico nel look, ma ha un sapore che non è quello a cui ero abituato tanto tempo fa. Sicuramente a qualcuno (o a molti) piace anche la versione aggiornata, ma a me non molto. I Mudhoney moderni, quindi, somigliano a quelli del 1988-89, ma non danno le stesse sensazioni gustative\uditive. La voce di Arm è più spesso vicina a un Ozzy Osbourne non rincoglionito, piuttosto che a quella demoniaca, urlante e sussurrante, dei bei tempi. Le chitarre sono troppo precise e manca la lordura del Bigmuff (o, se lo utilizzano ancora, è stato troppo ripulito in fase di postproduzione). Insomma: un dischetto che si può ascoltare, ma il pensiero corre inevitabilmente allo scaffale dei dischi e l’impulso è quello di piazzare Supefuzzbigmuff sul piatto.