MU (Gian Luigi Diana, Jimmy Johnsen) – S/T (Setola Di Maiale, 2011)

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UIl terremoto, lo tsunami e il conseguente incidente nucleare di Fukushima devono aver colpito l’immaginazione di molti musicisti, se, dopo Level 7 di Maria Jikuu, ci capita fra le mani questo disco del duo italo-americano composto da Gian Luigi Diana, qui all’opera con chitarra ed elettronica e dal batterista Jimmy Johnsen, ispirato agli stessi eventi.
I MU, questo il nome scelto dai due, non fanno proprie le istanze anti-nucleari come la musicista giapponese, ma si concentrano sull’evento naturale e sulle sue conseguenze, cercando di tradurne in suono la terribile potenza attraverso otto libere improvvisazioni per chitarra, elettronica, batteria e fugaci inserti vocali. Per raggiungere il risultato i due si servono   di una grande quantità di linguaggi, svariando a tutto campo entro gli ampi confini del free: l’iniziale Tsunami è giocata su un’elettronica spigolosa, la successiva Evacuation Route occhieggia al jazz, le seguenti composizioni optano generalmente per un chitarrismo di ascendenza blues elettrico, dove la furia strumentale viene arginata continuamente da brevi sequenze melodiche, passaggi psichedelici, minimalismo in odore di glitch. È Diana a sbizzarrirsi maggiormente con la sua tavolozza di suoni, ma fondamentale per tenere insieme un album che altrimenti rischierebbe un eccesso di eclettismo è il lavoro dietro alle pelli di Johnsen: il suo batterismo mobile e timbricamente vario, coerente nell’essere assolutamente libero da ogni schema, fornisce un tessuto perfetto per le incursioni dell’italiano. Essendo l’intento dichiarato quello di rappresentare l’imrovviso rilascio di energia rappresentato dallo tsunami, il duo non indugia in atmosfere cupe ma, come un elastico che viene teso e rilasciato, alterna momenti di furia liberatoria a passaggi di quiete non privi di lirismo. MU percorre la classica via dell’improvvisazione strumentale con freschezza e brio, senza cedimenti e regalando anche un ascolto piuttosto piacevole, che potrebbe appassionare le frange di ascoltatori rock più aperti e curiosi.

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