Movie Star Junkies – Son Of The Dust (Outside Inside, 2012)

MovieStarJunkies_2012

Mi piacerebbe parlare di questo nuovo recentissimo album dei Movie Star Junkies, fuori per Outside Inside Records esclusivamente in formato vinile con CD allegato, senza cascare nel tranello di citare Nick Cave & The Bad Seeds ma, ops, l’ho appena fatto (e sicuramente ancora lo farò). Cercherò quindi di rimediare, provando a dire di un suono che ha dentro di sé qualcosa di epico, di forte ascendenza americana, capace di evocare certi spazi fisici e mentali e ricondurli al proprio personale vissuto. E’ un gioco questo che non riesce a molti. In altri campi, ad esempio la letteratura, e in altri tempi, viene inevitabilmente da pensare a Cesare Pavese, sulla cui opera penso non sia possibile negare l’influenza che ebbero le letture e le traduzioni di Melville e Faulkner, ma allo stesso tempo è innegabile che come autore ci consegnò alcune cose fondamentali tra cui quel monumento della letteratura italiana che è La Luna E I Falò. So che questo può sembrare un paragone buttato lì, casuale e altisonante, in fondo qui si parla pur sempre e nient’altro che di rock & roll, cionondimeno va da sé che l’ascolto di Son Of The Dust è un’esperienza assolutamente coinvolgente e se da una parte ci sta il paragone con Nick Cave (maledizione, citato ancora una volta), ma potremmo perderci a citare pure qualche passaggio alla The Doors e non si scapperebbe molto lontano, è chiaro che siamo di fronte a una cosa diversa, a una vita completamente autonoma. E se di Seeds, con o senza il prefisso Bad, vogliamo parlare, questo qui è un seme che ha messo le sue radici e ora sta diventando una pianta imponente. Arrivati al terzo album, e dopo una serie infinita di 7”, split, 10”, il suono dei Movie si è infatti raffinato, c’è spazio per ritmi lenti e suoni cristallini, raffinati riverberi, arrangiamenti di fender rhodes, ariosi cori femminili. La ricerca sulla scrittura è palpabile: le chitarre, secche e snelle, indugiano spesso su fraseggi blues, la voce, completamente calata nella parte, trasuda teatralità con un timbro del tutto naturale, basso e batteria mantengono un groove costante, una pulsazione continua. Ma ciò che conta davvero sono le canzoni nel loro insieme, tutte veramente belle ed essenziali, evocative, che rendono Son Of The Dust un grande disco capace di distillare l’essenza di un suono, un luogo, un’anima. Fondamentale.