Montezuma – Di Nuovo Lontano (Dischi Dell’Apocalisse/Dicks And Decks/OnlyFuckingNoise/Mukkake, 2011)

Sarà sempre la solita questione anagrafica, ma immagino per un momento di tornare indietro un paio di lustri orsono  inneggiando con tutto l’entusiasmo giovanile a certo post rock come quello proposto dai Montezuma, inchinandomi solo per il bel nome al cospetto della divinità azteca. No, alla fine non hanno nulla che non va, tranne il fatto di suonare per orecchi (anche ben più smaliziati dei miei) un po’ troppo già sentiti e, qualche volta, di maniera. Non sono mai stato un discepolo di Isis o Pelican (di questi ultimi, ricordo solo il batterista più preso male e agitato della storia), mentre ho apprezzato per un certo periodo, e anche parecchio ammetto, le prime due uscite degli Explosions In The Sky, gruppo purtroppo bollito già da tempo. Non a caso elenco queste tre band a cui il quartetto di Pesaro sembra rifarsi in modo comunque molto credibile.
Tutto l’album in effetti suona molto bene, mettendo d’accordo sia il versante dei fan più legati ad influenze dark/doom (La Foresta Imbalsamata e la stessa intro citata più oltre) e/o post noise (Godflesh, Jesu gli stessi Isis), che la frangia che meglio si è accasata/consolata coi crescendo emotivi e melodoci tipici di gruppi come gli Explosions (Lenta In D) oppure – perchè non citarli visto che sono sempre lì, dietro l’angolo? – Mogwai più pestoni e hard rock (Supernova). Ricetta eseguita alla (quasi) perfezione: Di Nuovo Lontano scorre via che è un piacere, e non era facile con un inizio come L’alba Di Marrakech lunga dodici minuti, una sorta di architrave di tutto il lavoro: potente e colossale come un monolito in mezzo al deserto. Farebbero sicuramente la loro discreta figura di spalla ai neo riformatisi Ornaments. Buoni pure gli spunti melodici. Detto ciò, i dubbi in premessa non vanno via del tutto, rimane come la sensazione che ogni tanto la band si sia cacciata in un vicolo cieco da cui persino i gruppi maggiori non sembrano più uscire.