Mattia Coletti – Moon (Wallace/Bloody Sound Fucktory, 2014)

Con Moon Mattia Coletti torna a uno stile vicino a quello delle origini, dopo che gli sviluppi tentati successivamente a Zeno non avevano mai raggiunto una forma pienamente compiuta. Lo fa con intelligenza, senza ripetere pedissequamente quella formula, ma aggiornandone il suono, poco o punto elettrificato, alla luce delle esperienze vissute nel frattempo.
Su tutte la più significativa sembra essere la recente uscita su nastro per la Old Bicycle in compagnia Simon Skjodt Jensen, qui presente in un brano, ma la cui ombra si allunga benevola su tutto il lavoro: il termine folk va stretto a questo suono dallo spirito antico e moderno assieme, che combina lo spirito delle regsitrazioni di Alan Lomax e quelle di Pierre Schaeffer e accosta in modo spregiudicato chitarra acustica ed elettronica, un’elettronica artigianale (nel senso più alto del termine) che ben si adatta al mood del lavoro. Dopo un inizio spiazzante, con una Molko che echeggia vagamente gli Uncode Duello, a partire da On The Moon, impreziosita dalla voce di Jensen e unico brano cantato della raccolta, ci immergiamo in un mondo dove l’infinitamente piccolo e l’infintamente grande dialogano di continuo, come nei lungometraggi del primo Malick. Partiamo dal suono vicino di un grillo o dal canto di un uccello e man mano, guidati dalla chitarra che si fa strada fra bordoni e field recordings, ci immergiamo in un orizzonte sconfinato, sospeso fra la terra e il cielo: la già citata On The Moon o la rumorosa Marte, non sono evidentemente titoli messi lì a caso. Se anni fa vi siete fatti trasportare dalla magia di Muddy Speaking Ghost Through My Machine del duo Becuzzi/Orsi, non dovete assolutamente lasciarvi sfuggire Moon: mezzora di musica nella quale Coletti ritrova la propria dimensione, firmando il suo capolavoro.