In maniera tutt'altro che banale i siciliani Mashrooms riescono nella difficile impresa di fare un disco che, pur muovendosi in ambiti dichiaratamente post rock, riesce in un certo senso a sfruttarne solo le caratteristiche migliori evitandone gli stereotipi più abusati.
Le composizioni, decisamente a fuoco ed essenziali, hanno un certo tiro alla June Of 44 periodo Anahata, ma nella formazione a fianco delle chitarre, che peraltro poche volte suonano distorte, compaiono violoncello, violino e si respira una sorta di quiete malinconica che non esplode mai ma sembra piuttosto voler evocare qualcosa di indefinito, come un groppo in gola che non si scioglie, e dargli forma di note. Insomma, nove brani con una forte personalità (forse l’ultimo lavoro dei Patton ha dei punti in comune con questo) e che, a prescindere da ogni definizione di genere o ricerca di paragone, si rivelano durante l'ascolto semplicemente per quello che sono: belle canzoni.