Mamuthones – S/T (Boring Machines, 2011)

Continua il cammino dei Mamuthones che da progetto del solo Alessio Gastaldello (ex Jennifer Gentle) diventa ora un vero gruppo con gli inserimenti di Marco Fasolo alla chitarra e Maurizio Boldrin alla batteria, musicista proveniente dal giro beat dei ’60 ma con interessi evidentemente disparati, come dimostra MJ74, una sua composizione d’epoca qui inclusa.
In questo nuovo disco, che segue di un paio d’anni il precedente Sator, non c’è una netta cesura rispetto al passato (tre pezzi sono anzi ripresi, sebbene in versione rivista, da quell’album), ma il progetto si apre a una serie di influenze che marcano una notevole crescita. Se il kraut e la psichedelia facevano già parte del bagaglio del gruppo, qui si aggiungono una corposità di suono decisamente rock (e quasi noise in The First Born) e cadenze industriali che rasentano il ritualismo (impressione accentuata dai simboli e dalle numerazioni arcane che adornano il digipack), linguaggi solo apparentemente lontani che qui trovano perfetto terreno d’incontro. Se non possono dirsi inattesi gli echi dei Pink Floyd sperimentali a cavallo del ’70 o di certo jazz spaziale, più sorprendenti sono le atmosfere di Ota Benga, che richiamano i Tribes Of Neurot più esoterici, o il Medio Oriente evocato in Kash-O-Kashak, una versione meno sintetica del Muslimgauze più ispirato. Influenze varie quindi, per un album giocato sulla dualità fra la melodia di Farfisa, chitarra e voce (più presente che in passato) e le percussioni, con quest’ultime a marcare i momenti migliori, evolvendo l’aura spirituale propria del gruppo dall’austerità del passato verso atmosfere quasi tribali. Un lavoro che concilia mirabilmente ascoltabilità e ricerca: una delle migliori uscite degli ultimi tempi.