Maggot/Heifetz – Plays The Music Of Slobodan Kajkut (God, 2013)

Uno split LP in cui due formazioni chitarra-batteria interpretano composizioni di Slobodan Kajkut, dal tono evidentemente minimalista: il suono, nei due lunghi pezzi che compongono il disco, appare un semplice incidente. Col senno di poi, la scarna copertina bianca con le semplici scritte in arial avrebbe dovuto farci intuire qualcosa, ma a conti fatti, in rapporto al poco che si ascolta qui, una grafica così appare comunque quasi barocca.
Dire che Sick Nature, il pezzo dei Maggot, sia minimalismo spinto è dir poco: due pennate di chitarra, doppiate da un leggero colpo di batteria, un secondo di silenzio. Un’altra pennata, accompagnata da un piatto, un altro secondo di nulla. Si va avanti così per sette minuti, poi i tocchi si fanno un po’ più frequenti, senza esagerare, e subito tornano a rarefarsi: falso allarme. Si va avanti nella totale monotonia. Minuto 12, si toccane tonalità più basse: è quasi una botta di vita. A questo punto è chiaro che l’andazzo è questo e nel brano non succederà altro: quando al minuto 19 i due musicisti decidono di dar forma a un lento doom-noise niente male, una versione soft dei Khanate, noi ce ne siamo già andati da un pezzo, vinti dalla noia e da un certo senso d’irritazione. Nel momento in cui parte il pezzo degli Heifetz, City Of Bore (titolo adattissimo…), ci viene da pensare di esserci scordati di girare il disco sul piatto: non è così, ma è come se lo fosse. Sempre silenzi punteggiati da rarissimi tocchi di chitarra e batteria, in un rapporto in cui il vuoto vince sul pieno 10 a 1. Ancora più liofilizzati del loro colleghi, gli Heifetz fanno sembrare gli Starfuckers più scheletrici come un gruppo di rock sinfonico. Il tutto dura quasi mezz’ora, senza apprezzabili variazioni. Non c’è altro da aggiungere: se siete monaci zen in attesa dell’illuminazione potreste apprezzare, si astengano tutti gli altri.