Luminance Ratio – Like Little Garrisons Besieged (Boring Machines/Fratto9 Under The Sky, 2009)

Luminance Ratio, ovvero il rapporto tra la luminosità delle luci d’ambiente e quella dello schermo del computer: prendendola in senso letterale si potrebbe ipotizzare qualcosa legato alla dualità degli strumenti musicali analogici/digitali rispetto ai suoni della natura campionati, ma al di là di speculazioni (ci si potrebbe domandare anche cosa c’entrano le guarnigioni assediate…), l’esordio del trio italico è davvero notevole e si muove in territori a me tralaltro molto cari.
La truppa (un trio) rintanata nelle roccaforti è armata di tutto punto: Andrea Ferraris (colonna infame skinhead di questo sito, un passato hardcore e postrock ma un presente molto elettroacustico/ambientale/rumoroso in diversi progetti), Eugenio Maggi (omonimo di un partigiano di Sestri Ponente, con una giovinezza hardcore ma sopratutto noto come Cria Cuervos, un nome che nel giro elettronico/sperimentale ha ottimi riscontri) e Gianmaria Aprile (novello papà, boss dell’etichetta Fratto9, suona in Ultraviolet Makes Me Sick, fa il fonico assieme ad altre mille cose sempre legate alla buona musica). A questo punto si è già intravista la materia del disco, ma scendendo più nello specifico Like Little Garrisons Besieged si svolge lungo cinque brani di elettronica/elettrica/acustica tra field recordings, drones e una buona dose di chitarre, il tutto rielaborato per un suono decisamente estatico e narcolettico, ma comunque molto “pensato” e tornito con estrema attenzione: è senza dubbio un disco da viaggio mentale, però non partorito da fricchettoni in estasi (quindi niente sbavature e approssimazioni), ma bensì da musicisti con un approccio molto più ragionato; con ascolti successivi si nota come tutto sia proprio al posto giusto con grande cura del dettaglio sonoro, senza che questo però “raffreddi” le sensazioni e gli stimoli che il disco emana in quantità. Nota a parte per il sesto e ultimo brano, “rimescolamento” ad opera di Paul Bradley del disco intero, come un enorme bignami che in realtà non stona affatto, fornendo un’altra chiave di lettura della materia sonora e mostrando da una prospettiva leggermente diversa che le cose buone nel disco ci sono eccome.