Luigi Turra – Enso (Smallvoices, 2007)

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Se non si chiamasse Luigi Turra e se non sapessi che è italiano, ascoltando il disco avrei pensato che si trattasse di un autore orientale. Per questo disco i primissimi riferimenti mi riportavano alla mente molta musica giapponese o a quella di alcuni autori che, vuoi per origine vuoi per cultura, da essa ha succhiato linfa vitale per alcuni lavori; in particolare parlo di Ikue Mori, Toru Takemitsu e Koji Asano. Propenderei per la soluzione più semplice, almeno per me che scrivo, e quindi posizionerei Turra al centro del triangolo dei miei Bermuda situato in una confluenza fra questi tre "prodi kamikaze" (come li appellava l'eroico Adolfo Celi in Amici Miei). Minimalismo zen del secondo millennio e quindi paratie ultrasottili di carta di riso, da cui l'unica forma a prende corpo sono strumenti più o meno tradizionali suonati a poche note e con una gran disciplina. Un gioco di ombre cinesi (alla faccia dell'Urlo Di Chen che ormai non fa più paura ai nostri futuri padroni) fatto con una pazienza certosina, in un'epoca in cui molti lavorano in addizione, Turra fa parte di quella corrente di musicisti che invece sottrae lasciando venire a galla solo il minimo indispensabile. Quand'anche si colori di field recording o di rumori elettroacustici, il disco rimane rigorosamente sobrio, formale ma per fortuna non impettito tanto da diventare tronfio; questo direi che è ciò che rende patitici molti lavori di questo ambito, per non parlare delle citazioni forzatamente colte di alcuni autori, ma qui sto divagando. Visto che si potrebbe pensare che si tratti di un disco la cui cifra stilistica sia puramente etnica, in realtà è musica più che mai contemporanea e se dovete inserirlo in una rastrelliera del negozio impilatelo fra contemporanea ed elettroacustica (per quanto ce ne sia poca) ed oltretutto credo che molti dei suoni siano campionati. E' importante che ciò che state sentendo sia risuonato o ricollocato grazie all'ausilio di un laptop invece che suonato? E' importante che si tratti di un compositore invece che di uno che magari si è avvicinato al genere grazie ad Aphex Twin o non in un conservatorio? Ma ciò che conta realmente è il suono ed il disco suona molto bene. Atmosfere rarefatte, alle volte dense senza essere sature e spettrali, sull'ultimo aggettivo metterei l'enfasi maggiore visto che l'essere spettrale è una delle caratteristiche portanti del lavoro di Turra. Sulla copertina di Enso compare la foto di quello che credo sia un angolo di un giardino zen, un'immagine più che mai appropriata per un disco del genere e quindi per l'ennesima volta tutti a seguire le parole di Lydon/Rotten: "this is what you want, this is what you get".