Loveless Whizzkid – We Were Only Trying To Sleep (Seahorse, 2013)

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Mi sarei aspettato dai Loveless Whizzkid, catanesi come gli Uzeda, l’ennesima riproposizione di quei suoni anni ’90 immersi in un catrame noise di basso e chitarre. Eppure non è proprio così o almeno non solo, seppure poco o nulla di nuovo c’è sotto il sole di Agosto: il giovane trio siciliano, grazie anche alla magica miscela grezza in fase di missaggio ad opera del bassista degli Shellac Bob Weston (unico il suo tocco coi Sebadoh di Bakesale e in tanti altri lavori), vomita fuori un suono spaventosamente onesto, melodico ma senza troppi compromessi. Una sorta di rigetto da overdose di Pavement (Blue Butted Baboons) andati a male con schegge impazzite di tutte quelle band minori che, a modo loro, quali fratellini deformi ma di talento, cercavano di declinare i capofila Sonic Youth (Hazel, Pond ecc. ecc.). Nel brano più difficile dell’album, The Golden Cockroach’s viene condensato in nove minuti una sorta di summa di un suono che, partendo dai Velvet Underground più sperimentali, approda alla gioventù sonica anni ottanta. In effetti mi è sempre piaciuto pensare, mutatis le mutandis, al gruppo di Thurston Moore e Kim Gordon come ad una sorta di resurrezione noise del gruppo della banana, aggiornati in un contesto storico e sociale differente. Non mi stupirei quindi, anzi sarebbe nella natura delle cose, se fra qualche lustro verranno ricordati alla stessa stregua, con quel leggendario immaginario intellettuale e di impegno politico sociale poco da lustrini che li circonda da sempre. Buoni gli spunti qui, dunque: basso sporco e grezzo come scuola comanda e via, il power trio macina i pezzi quasi sempre nella media. Qualche strizzatina d’occhio al ritornello facile forse in un paio di brani dove addirittura sembrano fare capolino gli Weezer. Forse, senza il tocco in fase di post produzione, la sufficienza non sarebbe stata così abbondante, ma l’onestà del lavoro premia sicuramente.