Likane Leppäne – Saatanallista Saundia (Solium, 2024)

Che vuoi dire di un’uscita come questa? Fascinazione giapponese, incrocio fra memphis rap e noise finnico, enfasi a mille, campionamenti d’archi e la sensazione che non potrà finire bene. Da Oulu il nostro, Likane Leppäne, proprio lui, rappresenta la scena nonostante il baratro sotto di lui e l’essere assolutamente incomprensibile aggiunge badilate di intensità al disco, tutto acquista senso, massa e cazzimma. Difficilissimo anche provare a rendere la idea dei lemmi ma pensate a Jay di Kevin Smith mentre rappa monoflow di mostri ed orrore cambiando tonalità di brano in brano ma mantenendo un’immobilita statica. È Nosferatu, ma di seguito la title track, traducibile in suono satanico, scava ancor di più nella tomba per dare il giusto tono all’ambiente. C’è puzza di marcio e di black metal, di materia basica ed elementare come il malessere. Questo rivolgersi al signore degli inferi funziona perché si veicola il messaggio a più riprese ed in più stili, come i capricci di Friikki acidi e secchi, che sembrano guardare alla legnosità del rap teutonico su produzioni minimal synth discretamente grasse e campioni semplici ed old school girati come se fossimo nel 1983. Vihaan Maailmaa ci aggredisce con urla e feedback, non sappiamo se dare il merito all’ospite Laua Rip ma il rapping mi sembra un omaggio al mitico Mc Trachiotomy di quintroniana memoria. L’unione con la voce di Laua crea diversità e punture su una produzione che sembra fatta da una Bomb Squad minacciata da Justin Broadrick. Vedendo una pose track non sappiamo se preoccuparci o gioire ma Näen Unia Kuolleista ci spiega come il sognare i morti possa portare sventure e malessere con un certo posato brio piuttosto efficace. È un disco bizzarro questo perché riesce a non pisciare fuori dal vaso nonostante le prospettive andassero in quella direzione. Ad un tratto un MC prende una via sporca e veloce cercando di mandare tutto in vacca ma Näen Hnia kuolleista sembra essere parola d’ordine oppure magica perchè il tutto tenga fino alla fine.

Bambini metallici in controcanti a 90500, codice postale di Oulu, pattern acuti e beats che chiedono soltanto di essere presi e esposti per ore, mentre Likane sembra essersela presa molto comoda.

Il gran finale però non è materia di risparmio, quasi otto minuti di urla, rime e percussioni come se si fossero svegliati i batteristi degli inferi, sbrago e l’assoluta impossibilità di rimanere impassibili di fronte ad uno stupendo sfacelo. Nastro in reverse o comunque deteriorati, voci che si accavallano in una sorta di misteriosa macerazione scandinava. Un disco che è un punto in mezzo al nulla ma che ci ruba minuti ed anima, lasciandoci assolutamente devoti alla causa.