L’Enfance Rouge – Bar-Bari (Wallace, 2010)

Riprende la navigazione il gruppo italo-francese a tre anni dal precedente Trapani – Halq Al Waady: siamo sempre all’interno del Mare Nostrum, stavolta con una rotta adriatica che unisce, con un curioso gioco di parole, la montenegrina città di Bar alla quasi omonima, nonché dirimpettaia, Bari. Tratta corta, così come il fiato dell’album.
Probabilmente la strada intrapresa col disco precedente non era più percorribile: la convivenza fra suono occidentale e melodie mediorientali, che sembrava andare oltre il discorso musicale, raggiungeva un equilibrio così perfetto da rendere difficile qualsiasi evoluzione. In quest’ottica un passo indietro per valutare nuove prospettive poteva essere sensato, ma qui si eccede e il gruppo si limita a riproporre le stesse identiche canzoni di quell’album, epurando le tremolanti melodie d’oltremare e cambiando i titoli. Certo, se lo giudichiamo con orecchie vergini si tratta comunque di un buon album di noise spigoloso e serrato alla maniera de L’Enfance Rouge, con le voci di François Cambuzat e Chiara Locardi che cantano, fra sussurri e grida, testi sentiti di scontri e incontri di popoli, con il basso in evidenza e la chitarra che sferraglia. Godibile dunque, ma resta la sensazione di un’operazione fatta in economia, soprattutto di idee. A tre anni da un capolavoro era lecito attendersi qualcosa di più.