Tornano dopo la Fiesta dello scorso anno i Leatherette, trombetta, Groove e furia. Quando la voce raddoppia si sente la carica e la massa musicale, senza però ombra di pesantezza. A tratti, in Isolation ad esempio, potrebbero essere quasi dei Cows più pop, con l’ombra di El Shiksa (uno dei brani più belli mai incisi in 4560 miliardi di anni, risulta quindi essere un complimento) che incombe su di loro. Ma sono fluenti, cambiano e si adombrano, tristi e languidi in una Fade Away che potrebbe fare il suo nei cuori del grande pubblico. Dalla loro hanno personalità, calibro, midtempo che spezzano il cuore come Ponytail, un’urgenza ed una spontaneità che riportano ad un ambito di cesellamento e di cura più che di strategia o posizionamento di marketing. Altra cosa non da poco una voce calda e quasi sorniona, che nei pezzi più dinoccolati diventa irresistibile. Difficile non intravedere un futuro roseo per il secondo disco praticamente senza difetti, ancora mi manca la controprova dal vivo ma quanto espresso finora ed il giusto contorno offerti loro da Bronson (disco registrato da Andrea Cola e Bruno Dorella, mixato da Chris Fullard, masterizzato da Adam Gonsalves) riesce a sostenerli lucidi, precisi e senza sbavature, pronti a portare il loro mix, più sfaccettato che in apparenza, viste anche le influenza afro-carioca di Ronaldinho, su tutti i palchi per molti anni. L’unico rammarico la speranza infranta di Ronaldo, che pensavo dedicata a Luis Nazario Da Silva ed è invece appannaggio di Cristiano ma lo perdoniamo volentieri, grazie anche alle incursioni di supporto di Agnese Finelli alle voci femminili, che sciolgono qualsiasi cosa incontrino.
Al fatidico terzo disco, sempre a novembre, 2024?