Tre brani clamorosi che anticipano nettamente la nascita del noise (così come lo percepiamo con le orecchie di oggi) ai primissimi anni sessanta. Roba di Robert Ashley, Pauline Oliveros e John Cage. Il bello è che, al puro ascolto, non c'è niente che li faccia percepire come antichi, se non fosse per una qualità e una fantasia che spesso latitano nelle produzioni rumorose degli anni recenti. La differenza, comunque, sta soprattutto nel contesto, che, a grandi linee, era dark-apocalittico per il proto-noise di origine industrial, mentre quello degli anni 2000 si propone in linea di massima come una "atroce party music" in salsa do-it-yourself. Questi tre personaggi, invece, operavano nell'ambito della musica di ricerca, e si sono ritrovati ad esplorare il rumore e i volumi alti come una delle infinite possibilità del suono. Uno o due brani e avevano detto la loro.
Robert Ashley – Wolfman (Alga Marghen, 2002)
La traccia in questione è Wolfman del '64. Una lezione sull'uso dei distorsori, come spiega Anthony Pateras. Perchè qui è una questione di straordinaria padronanza dei mezzi al servizio di un inventiva geniale. Il brano parte in sordina, rumori d'ambiente, voci sparse, suoni distanti, probabilmente dei nastri. Nel giro di pochi minuti il suono comincia a montare. Parte un feedback, Ashley ha attaccato la bocca sul microfono, e comincia a lanciare un vocalizzo che si interrompe solo nei momenti in cui deve prendere fiato. A questo punto ha messo il suo sigillo sul brano, noi siamo dentro e cominciamo un viaggio in infiniti mondi. Suoni e feedbacks si modulano senza sosta, il rapporto con la voce varia di continuo, un po' è in primo piano, un po' si nasconde, la saturazione cambia pasta mentre il suono mantiene sempre la sua dinamica. Sedici minuti di estasi del rumore, e non vedi l'ora di ricominciare da capo.
Pauline Oliveros – Four Electronic Pieces 1959-1966 (Sub Rosa, 2009)
Track: One Again / Buchla Piece 19:19.
In questo caso Pauline Oliveros utilizza uno dei primissimi synth mai prodotti dal pioniere Don Buchla, e va subito a fondo nelle possibilità espressive più estreme dello strumento. All'inizio sembra di sentire una voce singhiozzante, poi un sibilo, delle modulazioni, e poi vai di carta vetro fischiante e inceppamenti ululanti. Un esperienza talmente materica che diventa mistica, praticamente l'effetto di una seduta di venti minuti col trapano del dentista.
John Cage & Christian Wolff (Mainstreet, 1962)
Track: Cartrige Music 19:55 (John Cage & David Tudor) (1960)
Questa registrazione è il risultatodella sovrapposizione di quattro performances in cui il prode John e il suo sodale David Tudor adoperano microfoni a contatto, puntine di giradischi e oggetti amplificati. Come dice Cage "tutti i suoni, anche quelli normalmente considerati indesiderabili, sono compresi in questa musica". Il risultato è indeterminato ed estremamente rumoroso. Grattamenti, scricchiolii, feedbacks, adorabili terremoti e spirito zen-dadaista.