Le-Li – My Life On A Pear Tree (Unhip/Garrincha, 2010)

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Parlavamo tempo fa di pop pandistelle, ed eccolo qua il regalo perfetto per Emiliano Zanotti, il debutto di Le-Li: qui è tutto un bigino di certe sonorità scacciapensieri, fino a sfiorare la copia di mille riassunti ma senza farti dimenticare quanto ti possa essere piaciuto il genere. Leli (ovvero Elisa De Munari) è una ragazza vicentina, che dopo un diploma in contrabbasso e dopo aver fatto il dams a Bologna, imbraccia la chitarra e si immerge nel mondo fatato di canzoni sussurrate e filastrocche che si consumano come neve al sole. Il duo tiene benissimo e a testa alta il paragone con i connazionali Fr Luzzi (a proposito che fine hanno fatto?) o Tiger Tiger! Forse un po' meno con Comaneci. In mezzo a questo mondo fiabesco un po' tutto funziona, quasi telefonato: ci deve essere una bella canzoncina dal nome Lullaby, lasciano solo un po' sopresi le canzoni in italiano (la litania Cenere Sul Tavolo e la filastrocca Bimba) o in francese (Mon Amour dove il paragone con Carla Bruni si spreca), che spezzano un po' quel basso profilo che faceva la forza, tutto sommato, del disco. Un disco che è rimasto un po' sul pero, in effetti: fosse uscito qualche lustro fa poteva farsi un diverso nome. Un bel sussulto l'abbiamo con In The Backyard, quasi una nuova Sleep The Clock Around, mentre la cover versione indie pop sdolcinata di Lithium dei Nirvana diverte, anche se non so quanto avrebbe contribuito a far posare il fucile a Kurt se l'avesse potuta sentire per tempo. Spiccano comunque 17th June, accompagnato dal theremin di V. Canè (Mariposa) e gli arrangiamnenti – questi sì – fuori dal comune, tra gli altri: il rhodes di Nicola Manzan (Bologna Violenta, Teatro Degli Orrori) in Sparring Partner e Lullaby, il pianoforte, violino e violoncello che senza appesantire troppo le minimali tessiture, accompagnano i pezzi.