Laghima, in antico sanscrito, significa “levitazione”, il diventare più leggeri di una piuma, andare oltre il proprio corpo. A tale levità è ispirato il duetto fra l’italiano di stanza a New York Gian Luigi Diana, che incontriamo spesso e nei ruoli più disparati e la violinista rumena di nascita ma tedesca d’adozione Frederika Krier (Molecular Vibrations): il risultato è un album affatto originale.
Le dodici libere improvvisazioni sono tutte costruite sullo sfiorarsi fra il violino, che per lo più guida le danze, e l’elettronica, all’insegna di una leggerezza di tocco che tuttavia non esclude una certa fisicità, con suoni gravi e qualche fugace incursione nel rumore, a palesare la presenza di quel corpo fisico che della levitazione è l’ostacolo, ma anche l’oggetto principale. Servendosi di diversi linguaggi, musica classica, jazz, minimalismo, i due ci accompagnano da un capo all’altro dell’Oriente alla ricerca di una comunione che conosce i suoi alti e bassi e solo sul finale si concretizza pienamente. In effetti, più che musica da meditazione o colonna sonora per esercizi di levitazione, Laghima è la narrazione di tentativi e cadute, un album di tensione fra corpo e spirito, tutto giocato su suoni diafani di diversa natura: alcuni hanno la morbidezza e la trasparenza di petali, altri la fredda spigolosità dei cristalli. Ed essendo paragonabile a un viaggio all’interno di uno spirito in tumulto, nessuno dei due musicisti interpreta un ruolo fisso: a volte è il violino ad incarnare la leggerezza, con l’elettronica che tenta di ancorarlo a terra, altre volte le parti sono invertite. L’ascoltatore è così chiamato più alla partecipazione attiva che non al trasporto, ma si tratta pur sempre di un’esperienza emotivamente coinvolgente, oltre che appagante per quel che riguarda l’ascolto. Decisamente consigliato.
Laghima (Gian Luigi Diana, Frederika Krier) – S/T (Setola Di Maiale, 2011)
