Siamo ormai arrivati al venticinquesimo appuntamento con la nostra rubrica dei corti. Non è sempre stato facile trovare né selezionare più di 200 produzioni da tutto il mondo ma se siamo ancora qui, beh, il gioco funziona. In questa puntata avremo un gradito ospite a chiudere l’articolo, sperando che questa possa trasformarsi in un’abitudine.
Se le città potessero volare è un’ep di due brani a cura del produttore edeF, un doppio singolo in realtà, che va ad anticipare l’uscita di un album lungo a marzo. Il suono è colorato, aereo e bizzarro, si muove nel primo brano come se Didac P. Lagarriga ed Andrea Mangia fossero stati derubati di un tot di plasma, sparato sotto un paio di vetrini con del reagente. Colori che esplodono, scampoli di beats, una visione che si alza e che dimostra di poter avere una propria massa, sfaccettata e potente, in una via digitale che scoperchia la natura.
Kloaka è il ritorno di En?gma dalla Machete Krew, presente sin dall’inizio nella Sardegna dell’ultima generazione e che insime alle produzioni di Salmo porta a casa facilmente il risultato in 5 brani brucianti per 11 minuti di rime dirette, le cuffia come punching ball. Del resto se per citare un calciatore ripeschi De La Peña già hai guadagnato i props. Anche la barcollante Liz vola ubriaca d’amore mentre Idra non ha due teste ma movenze old-school, skills da party e capacitâ non indifferenti. Bentornato Marcelo, bella lì…
Age Otori è quartetto piemontese rimasto sotto con lo shoegaze, il pop ed il post-punk più frivolo. Hanno un tiro radiofonico che basterebbe la metà ma le spalle abbastanza larghe da sostenerlo. Quando poi si fanno più ruvidi riescono anche a dare qualche spallata, ben centrati fra le loro Neon Lights. In quattro brani escono on una sorta di guado fra mestiere e slancio, del quale apprezzo la tigna anche se a tratti mi sembra che ci sia il fantasma di Jasbinder Mann a battere il piedino piuttosto che quello di Billy Corgan.
For us to feel lonely è il secondo ep che Pleasing (Patrick Miranda insieme ai sodali Xavier Hoffmann e Sacha Ewen) pubblica in pochi mesi. Essendomi perso il primo mi ritrovo a bagno in un tormento che prendo il via in una sorta di emotivo rilascio e che abilmente riesce a mettere insieme salti ansiogeni, energia e vigore. A tratti questa energia si scontra contro muri già picchiati, ma la ferocia che il nostro riesce ad urlare ci fa propendere per un sostegno incondizionato, soprattutto per le lacrime sotto la pioggia di People Crying on the streets, che con un brano in egual misura drammatico e ruffiano cattura dalla sua l’ascoltatore.
Di Giacomo Giunchiedi avevamo già parlato tramite il suo progetto Sacrobosco, mentre nei sea:side insieme ad Eva Benfenati confezionano 4 brani che uniscono arie techno sottili e cristalline ad interventi stratificati, con una attenzione particolare ai particolari, ai suoni che si intromettono reggendo di fatto l’atmosfera come se d’improvvisatore delle piccole zone colorate si intromettessero nel bianco e nero cangiante dell’operazione. Ambienti aerei, ritmici e liberi dove muoversi venendo toccati da leggerezza, tecnica ed eleganza.
Non so nulla di TON, né del suo ultimo ep intitolato Rooms né della sua etichetta RE_TON, dove sembra abbia prodotto almeno 4 mini-album, questo compreso. Post-punk dove il digitale si sposa con una linea vocale femminile che fa immediatamente tornate al grigiume anni ’80, schietta e volante con un sax che impasta il suo viaggiare in ombra. Il basso di the Night picchia dritta su moine che non lasciano scampo, mentre Interludes è strumentale da lacrime, che ondeggia fra placido a nervoso come in una notte incrinatasi improvvisamente. Il resto è discesa verso un inferno liquido che crediamo di riuscire a gestire, perdendoci definitivamente.
Per concludere questa ridda di recensioni, come detto in apertura, ospitiamo Luigi Monteanni di ArteTetra e Babau, con una sua recensione di un’ep che, nelle sue parole, sembra essere irrinunciabile.
Quando si parla di storia globale della musica a volume elevato, un underground in generale fatto di distorsioni, strumenti suonati benissimo o malissimo, corpi lanciati su altri corpi, cassette doppiate a casa e tutta l’abiezione politica che si ha nelle tasche, raramente si pensa a quanto questo abbia avuto una rilevanza fuori da Europa e America del Nord. Il punk specialmente, con la sua flessibilità e la possibilità di sopravvivere in diverse forme come uno scarafaggio post-atomico in barba a autorità e sistemi costituiti, è vivo e selvaggio anche in posti che non ci si aspetterebbe, da Singapore alla Cina all’Indonesia. Ma perché poi pensare che è strano? Se non nei posti dove la comunità è una delle poche forme di organizzazione possibile e lo stato rappresenta un ostacolo reale nella vita delle persone, dove?
Quando si parla di Indonesia, specificamente, una volta Abdoumaliq Simone, una delle figure principali nello studio accademico della musica e la sua relazione con l’urbanistica mi ha rivelato che a parte queste forme di organizzazione musicale anarchiche e vitali, ormai l’Indonesia è un posto abbastanza noioso. Non so se effettivamente questo è vero, ma di sicuro il nuovo 7’’ dei Bottled Violent, quintetto hardcore da Bandung composto da Bxjd, Irvan, Raka, Fhmi and Aldhena, è una prova che se questo è un accordo, e questo è un altro accordo, e questo è un terzo accordo, ora puoi andare fuori a spargere terrore sonico e il messaggio di una giovinezza contro tutto e tutti.
In questo caso, il terrore sonico dei Bottled Violent, dopo una demo e un primo EP dal titolo Nihil, richiama i temi cari alle frange più sociali del punk con titoli come Watch yourself from the cops, No rules and Do it with your friends, bilanciando sentimenti di ostilità e aggregazione in egual misura. Il songwriting porta il marchio di un ascolto dell’hardcore di stampo US/UK con pezzi veloci, succinti e sempre slabbrati in stile JFA, Minor Threat ed Offenders. Tutto è nel posto giusto e nei suoi quasi 8 minuti di ascolto, ci ricorda che forse tutta la musica dovrebbe suonare un po’ più così.
L’album, come nelle migliori tradizioni da basso, è edito su Bollock Records, Resolve Records, Todo Roto Records, Tvmbalavalalla Discos, Wrecking Crew Records, Korc Edicions, Nonorm Records attraverso tre continenti (Malesia, Spagna e US/Canada) confermando che se anche la musica diventa sempre più content slop per macinare i play, le vecchie vie sono ancora rilevanti e parlano un linguaggio globale. Keep the phreax a rollin’.
È tutto per questo giro, alla prossima and keep it short!