La lunghezza non è tutto #20

Da Grenoble Laurie Morcillo, aka Biscornue Bitch, in tenuta sportiva e frontale a noi in bicicletta dotata di caschetto d’ordinanza ci invita nel suo mondo electro rap. Fin dal titolo dell’ep, Comme le nouvel album de Kim Gordon ci invita in un mondo magico, fra citazioni di Jan Ulrich e Marco Pantani in Tragedie d’un tricheur, scheggie impazzite e bassi profondi. La voce della Bitch cornuta entra sottopelle come fosse un potente analgesico, portando via i mali e le preoccupazioni del mondo e la lingua francese aiuta a rendere il dipanarsi di questo disco una discesa in un piccolo paradiso drogato. Echi di Miss Kittin in Happy Dogs. La difficile scelta del proprio alcolico ideale con un coro di spettri sullo sfondo, una riduzione sintetica di Luis Aragon in Rien, chidendo con lo stillicidio di J’ai 3 essais. Tappa, tour e classifica punti per Biscornue Bitch! (VV)

Il ritorno di Moses Sumney ci trascina con se in un ronzante e torrido r’n’b arrangiato con gran gusto, con la perenne sensazione di trovarsi all’interno di un microclima tropicale opportunatamente controllato. In Vintage giustamente ci si colloca su toni caldi e passatisti, scorgendo in fiigrana un’influenza princeiana stupenda. Moses sembra aver ritrovato un baricentro all’interno di un suono maggiormente focalizzato sulla tradizione r’n’b, cucendo un lavoro che in 6 brani non può che farlo arrivare al vertice di certe attenzioni, proprio come all’uscita del folgorante esordio Aromanticism, ormai datato sette anni or sono. Sinuoso, capace di cambi di tono e di calore vocale folgorante, con una Gold Coast ubriacante di lustrini ed una Love’s refrain che manda note e stelle nel firmamento. (VV)

Non sappiamo cosa succeda in realtà nei laghi del Bresciano ma di sicuro una presenza demoniaca di è installata in loco fra gli anni ‘50 e ‘60. The Lake Devils, terzetto chitarra basso e batteria, qui rinforzato da sax e piano, sciorina bellamente venti minuti di swamp sound strumentale, elegante e stiloso senza mai essere lezioso. Sventagliate di western bello andanti come un bel trotto ad aprire le danze, poi lo stomp della famigerata Pregasso, prima di inacidirsi correndo dietro alle anguille. Lungo il giusto per farci tornare la voglia di fumare questo ep è la dimostrazione lampante di come ognuno abbia dentro di sé la sua onda, il suo west ed il suo fantasma. Tropo bello. (VV)

Collective Discomfort è il ritorno di jj, 7 brani per un quarto d’ora abbondante ancora su un bivio fra rap e trap, influenze latine e caraibiche. Gioca con leggeri extrabeat riuscendo a far scivolare le rime in maniera fluente e volatile. Le storie di jj passano tra le mani come graneli di sabbia, come tra i sorsi blues di Birds Eye. Quando beat e rap diventano più quadrati la magia sembra svanire ma solo un secondo, prima di ritrovare un equilibrio in Freeze e concludere con un’Essence che rimette tutti elementi in ordine. Equilibrato e personale Collective Discomfort è un’altra bella tappa del viaggio di jj, dal quale probabilmente sarebbe bene ora ascoltare le proprie rime spalmate su un album ed ascoltarlo interagire con altre voce per allargare il proprio paesaggio. (VV)

Nuova produzione per la Sentiero Futuro Autoproduzioni con i Glass, quartetto chitarra basso e batteria guidato dal cantante italo-brasiliano Rogi. Il tempo di far passare una intro parlata e sostenuta dal suono del basso per lanciarci in una mefitica ridda di brani nella quale è il caos a farla da padrone. Bassa fedeltà ed incedere rabbioso, parole come scariche di adrenalina, strumenti che si fondono insieme in un grumo sudato. Identità, vomito, ordine costituito, la guerra, la città, lo smarrimento. Velocemente, senza filtri, nella giusta maniera fino a distruggersi ed a distruggere ció che non riuscirà ad integrarsi con il suo ritmo. Glass sono la compattezza, lanciati sul sentiero futuro protetto da una corazza che è la loro forza, pronti ad abbattere ogni cosa incontrata e, com’è giusto, in grado di lanciare con l’ultimo brano, Perdido, un segnale verso quel che sarà il futuro: passo Wave, voce ancora più baritonale del solito, la sensazione di essere sia a Portsmouth che in Brasile, un minutaggio più elevato gestito alla grandissima, rantoli che sembrano ululati. Come primo passo è perfetto, speriamo non imparino mai a suonare più di così e che ce li mantengano in questo trip. (VV)

Dalla Provincia Granda cuneense arrivano i 3 Sad Pony Girl.
Il nome triste non promette nulla di buono. E invece…sarà pure peggio.
Il loro ep di debutto ha qualche vaga idea musicale mischiata con testi scolastici da 6- alle medie ed arrangiamenti dove sembra che i tre abbiamo vissuto come il sottoscritto anni e anni in UK. Un disco che è come una tipica pizza all’inglese, tanti spizzichi di tanti ingredienti diversi, alla fine nessun gusto.
È probabile che facciano musica per star bene tra di loro, per svago, per uccidere la noia, quindi ben vengano giovanotti così.
Qualche sprazzo interessante ne La zona, in Arson, con un Teddy bear che resta alla fine il pezzo loro più’solido (ed il loro primo in assoluto, datato 2022) ma anche qui si pecca di coraggio e di personalità. Si deve prendere una direzione decisa, tutto acustico e canterburiano, e via.
Possono fare per ora qualche serata tipo Sagra della porchetta.
Noi preferiamo quella della porcona. (DF)

Ho conosciuto lo scorso settembre online Andrea Festa, promotore dell’Associazione swiss electronic music, rispetto al quale ho via via tenuto le orecchie aperte, cercando l’occasione giusta per parlarne. Lo faccio ora con Pulse Attack, brano da lui prodotto con due remix annessi ad opera del veterano inglese Mark Williams. In un quarto d’ora ci si perde letteralmente in un suono acido e gommoso, gioiosamente techno nel quale i ritmi coprono interamente i nostri recettori auricolari, fisici ed epidermici. La combo fra i due artisti si completa in maniera armoniosa e solare, producendo un vero e proprio tumulto ritmico sul quale lanciarsi a capofitto per un viaggio breve ma parecchio intenso. (VV)

Präsens Editionen ci fionda con l’ultima produzione di Seina (aka Seraina Faessler) in un mondo di delicata sperimentazione sonora, nella quale le asprezze vengono convogliate in un suono amniotico ed avvolgente. Materiale composto mischiato insieme ad improvvisazioni per un flusso sonoro circolare e dotato di una sua pneumatica respirazione che strega immediatamente. Seina riesce in qualche modo a mettere in comunione ambiente esterno ed interno, creando un’emozionante commistione di suoni, cheta e sinuosa, quasi autogeneratasi nella nostra mente…ma no, è realtà! Staccate tutto, acquistate questo splendido nastro ed ascoltate questo ep di grazia. (VV)

Kalvaire è l’espressione solista di CHVE, voce dei belgi Amen Ra ed autore di questo excursus solitario di 15:41 titolato Eternit. Par di sentire movenza di ciottoli e lontane litanie vocali, fino all’arrivo di un bordone organistico che prepara l’arrivo di un canto, francofono, che sembra prendersi tutto. Siamo dalle parti del canto sacro, CHVE chiede si ascolti il canto delle pietre e ci porta con lui in un percorso che è passione e trasformazione, tradizione arcaica e struggente bellezza. Su tutta l’aria grava una cappa di oscurità che sembra sgretolarsi nota dopo nota, passo dopo passo. (VV)

Di Loris Cericola abbiamo già detto e scritto, sia delle opere a suo nome che del progetto Placenta giusto un paio di mesi fa. Ora torna con un ep dal nome Metamatica, formato da tre pezzi titolati Frammenti, la title track e Blu. I suoni dei sintetizzatori e della strumentazione del musicista sembrano rifarsi al periodo fertile e settantiano del primo Franco Battiato, del quale il primo brano accentua la luce mediterranea. Sembra di sentire pattern colorati e dolcemente elettronici utilizzati però in maniera mollemente aritmica almeno fino a quando Metamatica sale di grado e proprio come le opere di Jean Tinguely che battezzarono il nome, sembra sputare globi di note musicali su tele immacolate in un beato caleidoscopio. L’ep si chiude con una traccia chitarristice e maggiormente materica, terrena ed umida, per un’artista che sembra essere nella perenne condizione di ricerca e di grande fertilità. (VV)