La Cozna – Ni Nuit Ni Jour (2024, Raffut/L’autre Distribution)

La cucina, il focolare, la voce ed il violoncello di Clémence Baillot d’Estivaux aprono la porta in una casa semplice ma calda, dove Clémentine Ristord, Pierre-Antoine Despatures e Benjamin Garson portano avanti una via al folclore ed alla tradizione del tutto personale. Sono La Cozna, piccola meraviglia d’oltralpe.

Impossibile non citare Sourdure, mentre la cartella stampa apre porte che andranno esplorate di certo, soprattutto per quei La Nòvia che sembrano essere dei veri e propri elefanti nella stanza.

Ni Nuit Ni Jour si muove su diversi livelli: le storie, le musiche, l’ambiente ed il suono. A tratti il tutto sembra essere sotto attacco, come in Blanche Biche e la frequenza di elicotteri, cornamusa e frequenze assolutamente fantastiche. Ma ogni brano ha le sue frecce, come la caccia e la voce ipnotica e le corde del contrabbasso in La Chasse, l’intervento vocale di Clémence in Les Transformation, che cresce fra i fiorì fino a diventare cosa enorme e drammatica, ai confini con un jazz spirituale e burbero. La Cozna si prende il suo tempo, semina, coltiva e raccogliamo frutti gustosi ed sudati come in La Jardinière o Quand j’étais fille à marier.

I francofoni sembrano letteralmente essersi presi la musica che oltrepassa il confine fra la tradizione e la psichedelica, ai già citati non possiamo aggiungere Alice e La Tène, anche se qui Clémence fa sì che la musica rimanga al suo servizio, docile e tranquilla. C’è un languore, una tristezza di base nei La Cozna che richiama immediatamente la condizione di ristrettezza rurale, di necessità espressiva, di toccante onestà e tanto ci basta per innamorarci ancora una volta.