Koji Asano: il long distance runner della composizione giapponese

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Quando qualche anno fa iniziai a ricevere suoi dischi, Koji Asano si trovava in una delle sue fasi più prolifiche: negli anni Asano ha attraversato l’ambito della musica elettronica, della musica classica, del rock progressivo, ha registrato lavori basati su field-recordings, musica simil-ambient e chi più ne ha più ne metta. Fin dai primi lavori che ascoltai di questo compositore/musicista giapponese mi resi conto questo musicista era molto determinato, cosa che era intuibile dal fatto che avesse fin da subito creato un’etichetta che stampasse i suoi materiali (la Solstice) e che si presentasse apertamente come un musicista tout-court. Non credo che un musicista come Asano abbia mai avuto dei problemi a reperire un’etichetta che si dedicasse alla stampa delle sue uscite, ma stiamo parlando di un musicista che si vuol lasciare la libertà di stampare e di comporre qualunque cosa desideri e questo è quello che effettivamente ha fatto.
In Galaxies del 2010 il corpo della composizione è quasi completamente basato su una lunghissima field-recording che potrebbe trovarsi a metà fra la musica dello spagnolo Francisco Lopez ed alcuni lavori del mai sufficientemente compianto John Watermann. Si tratta per lo più di un ambiente rurale sufficientemente rumoroso che comunque viene manipolato in modo molto lento, con uno stile che appartenente potrebbe sembrare semplicistico ma che in realtà si avvicina di parecchio allo stile di molti compositori minimalisti. Saliscendi in cui i diversi suoni si alternano fra parti tenui (quelle occupate dal suono dei grilli) e fruscii d’ambiente lasciati a fare da sottofondo.
Solstice Eclipse
(2011) a suo modo riprende un’idea ambientale e rimanendo orientato sull’idea di una traccia unica si muove su di una composizione che crea l’effetto di un’orchestra impegnata nell’esecuzione di una colonna sonora, pesantemente filtrata con l’uso di un laptop. Si tratta di uno dei lavori più suggestivi degli ultimi anni e pur avendo una sua fruibilità (a tratti potrebbe quasi trattarsi di alcuni dischi dei Cerberus Shoal passati nelle mani di un Kevin Drumm molto tenue) mantiene un certo eclettismo.
Verso il finire del 2011 Asano pur tenendosi fedele alla sua impronta principale in sospensione fra elettronica e minimalismo, partorisce Polar Parliament. Il disco si compone di due tracce per un totale di quasi settanta minuti in cui, nonostante la durata, il giapponese non fa una piega e si concentra su due movimenti ultra minimali in cui le variazioni arrivano gradualmente. Nel caso della prima traccia è come se stessimo parlando di loop semplici che da una certa parte diventano ipnotici o per contro potrebbero far montare l’angoscia proprio a causa del loro incedere inesorabili, uguali a sé stessi. Nel secondo movimento Asano ripropone le sue field recordings sviluppate in modo molto più ciclico e in questo senso ancora più simile all’idea base di Francisco Lopez, anche se partendo da dei presupposti estetici molto diversi (…orientali? o potrei azkojiasanointerview2zardarmi a dire… giapponesi?), ma il risultato finale non assomiglia ai lavori del musicista spagnolo. Nel secondo caso si tratta di una traccia molto meno monolitica in cui è più facile farsi suggestionare dalle piccole variazioni sviluppate dal musicista orientale.

SODAPOP: Che mi dici del disastro di Fukushima, come ha influito sulla tua vita e su quella di chi conosci? Per noi occidentali è ancora difficile capire come le cose si stiano muovendo…
KOJI: Il disastro ha cambiato la vita di tutti i Giapponesi non solo della gente a Fukushima. Dopo il terremoto e le radiazioni dell’11 Marzo a Fukushima, il giorno dopo io sono dovuto evacuare a sud del Giappone con tutta la mia famiglia (12 Marzo). Siamo dovuti rimanere lì qualche settimana per capire meglio la situazione. Durante i giorni del disastro nucleare ho dovuto raccogliere informazioni dalla stampa internazionale come New York Times, BBC, internet perchè la stampa giapponese ed il governo lasciavano filtrare pochissime informazioni spesso sbagliate o false. Abbiamo una lunga storia di disastri naturali in quest’isola, tifoni, terremoti e altri. ma questa volta con il nucleare tutto è diverso, si tratta di un disastro umano causato dalla grande industria nucleare che è fortemente legata al governo. Molta gente in Giappone ha capito che abbiamo un sistema politico molto pericoloso solo dopo al disastro.

SODAPOP: Perchè hai creato un’etichetta per fare i tuoi dischi? Sono sicuro che non avresti avuto problemi a trovare chi ti producessere dei materiali.
KOJI: Nel 1993-1994 avevo 19-20 anni, stavo cercando un’etichetta che realizzasse Solstice, il mio primo album. Non conoscevo quasi nessuno nell’industria della musica e non potevo aspettare che qualcuno si facesse avanti e producesse il cd per me, così me lo sono dovuto produrre da solo creando la mia etichetta, la Solstice Records. Mi serviva realizzare il mio lavoro per potere andare avanti e comporre l’album successivo. Forse questo è più un mio problema e non riesco a cambiarlo, anche ora, ma da quel momento ho desiderato stampare molti altri lavori ed una volta che li avevo completati li dovevo fare uscire. E’ come se realizzassi musica per farla uscire e solo una volta uscita potessi concentrarmi su un nuovo lavoro. Così, creando la mia label, ho trovato una soluzione veloce che mi poteva andare bene.

kojiasanointerview3SODAPOP: Perchè hai cambiato così tanti generi? Hai un background classico vero? La maggioranza dei tuoi lavori sono inclini all’elettronica ma hai anche suonato prog-rock, field recordings, musica classica…
KOJI: Ho imparato a suonare il piano quando ero un bambino ed ho imparato da solo anche le cose teoriche, però non ho frequentato nessuna scuola musicale, non ho ricevuto nessun reale insegnamento. Ho provato qualsiasi genere di musica ma quando ho delle idee provo qualsiasi direzione sia che si tratti di un piano, di lavori in gruppo o degli insetti di Galaxies. Rispetto alla risposta precedente mi piacerebbe confrontarmi con soluzioni diverse man mano che vado avanti nel mio lavoro. Alla fine mi piacerebbe fare il meglio per lo stile che sto adottando in quel momento, in merito a questo tutti e quarantasei gli album che ho composto per me sono molto diversi. Oggi io ho due modi di fare musica, quella processata con il computer o musica composta per i musicisti con cui collaboro. In questi anni ultimi anni sono stato più interessato a comporre per gli strumenti classici. Ho trovato molte possibilità con loro, sono stato ispirato da fantastici musicisti classici con cui ho lavorato in Giappone ed in Europa. Scrivo spartiti quasi ogni giorno ed accendo il computer una volta a settimana per comporre musica elettronica. Semplicemente, scrivere spartiti richiede più tempo che comporre musica al computer. Mi piacerebbe anche comporre della musica per orchestra come sinfonie o cose del genere.

SODAPOP: Alcuni anni fa eri iperattivo, ora ti serve più tempo per fare uscire nuovi materiali. E’ solo una questione di ispirazione o hai semplicemente cambiato metodo di lavoro?
KOJI: Il metodo di lavoro e ritmo sono le stesse ma questa è la situazione: il 2007 è stato un anno buio nella mia vita personale con un mucchio di problemi, ma alla fine sono sopravvissuto e mi è servito tutto il 2008 per ricostruirmi una vita. Così ho passato il 2009 allenandomi per partecipare ad una maratona (amo correre dal 1998) e finalmente la situazione e le circostanze sono state propizie, nel 2010 ho potuto realizzare Galaxies, il mio quarantaquattresimo disco che avevo completato per la maggiorparte nel 2006. Comunque anche in questi anni bui e di ricostruzione, sono stato molto vitale, così ho continuato a comporre ma non ho avuto modo di realizzare quei materiali in un cd, ora infatti ho accumulato parecchio materiale. Lo scorso anno nel 2011 ho potuto far uscire più album perchè ho finito più titoli che includevano registrazioni con strumenti classici, ma per causa del disastro che è successo a marzo mi sono limitato a far uscire solo due album, il mio quarantacinquesimo Solstice Eclipse ed il quarantaseiesimo Polar Parliament. Spero di fare uscire più roba quest’anno.

kojiasanointerview4SODAPOP: Sono un corridore anche io! Un mio amico dice che chi sceglie di correre ha sempre qualcosa da cui scappare e molto tempo per pensare, dice che in qualche modo è uno sport psichedelico. Che cosa ne pensi?
KOJI: Sì, sono d’accordo, è psichedelico e provoca dipendenza. Correre è molto importante per me, sia fisicamente che mentalmente, non potrei comporre senza correre. La ragione per cui ho iniziato a correre è molto semplice, quando ero a metà dei vent’anni mi sono chiesto se stare seduto tutto il giorno di fronte ad un computer a comporre musica fosse salutare. Così ho iniziato a correre seriamente perchè ho capito che mi serviva correre per continuare a comporre in modo sano. Ho sentito quella sensazione in qualunque paese corressi, ho visto gente impegnata nell’arte e nella musica che si è ammazzata di alcohol e di altre droghe e mi pare che quando più invecchino più ne abbiano bisogno. Avere a che fare con uno stress creativo varia da persona a persona, ma per me è adatto questo modo di vivere. Correre mi ha mantenuto bilanciato e creativo. Più vivo in condizioni salutari più compongo, significa che ho più possibilità di creare lavori migliori. L’anno scorso ho smesso di bere alcohol per correre meglio, nuoto anche molto e faccio palestra tutti i giorni. Ho imparato molte cose attraverso la corsa non solo per la musica ma anche per la vita e per il resto delle cose, certo, probabilmente avrei potuto avere idee ed ispirazione anche in molti modi. Ho potuto percepire il movimento della terra che gira e della sua rivoluzione attorno al sole, del cambiamento delle stagioni, specialmente quando corro al tramonto o nelle mattine di inverno. Ad ogni modo è divertente. Sono un corridore lento, ma comunque resta una gran cosa.

SODAPOP: Qui ad ovest del mondo tendiamo a considerare il Giappone un posto molto strano, per esempio, ultimamente un musicista giapponese mi diceva di quanto sia dura in paesi come il vostro entrare nel processo produttivo dopo che ne sei uscito, soprattutto se sei un po’ vecchio. E’ vero?
KOJI: Prima di rispondere spiegami meglio quello che intendi, vuoi dire che un artista in Giappone fatica a riprendere a produrre una volta che lui/lei si è fermato/a? O intendi, dopo che lui/lei lascia il Giappone? Non capisco esattamente se intendi dire che è difficile rientrare nella scena musicale/artistica se non ci sei dentro a tempo pieno? Non sono sicuro di aver capito, spiegami meglio. Resta che sì è vero, è un paese strano, su questo non ci sono dubbi.

SODAPOP: Intendo parlare di un lavoratore giapponese, non necessariamente un musicista, un comune lavoratore.
KOJI: Ok, più in generale quindi. Sì, penso sia uno strano paese e la società ha un aspetto molto estremo. Vorrei sottolineare che qui la gente non realizza quanto siamo strani se raffrontati al resto del mondo e questo nonostante siamo in quest’era di internet. La mia preoccupazione principale è che il giapponese medio sia diventato quasi un robot, sotto il controllo di una società simile a quella di Orwell. E’ terrificante.

kojiasanointerview5SODAPOP: Il Giappone è molto conosciuto per la sua scena sperimentale ed elettronica, hai mai avuto delle connessioni con gente di quel circuito?
KOJI: Non ci ho mai pensato, non ho molto da dire in merito alla scena giapponese… Senza legarmi alla scena di qui, mi sono mosso a Barcellona quando avevo 25 anni per suonare in Europa e natuaralmente ho incontrato dei musicisti nipponici anche lì, ad ogni modo non sono molto legato alla scena giapponese anche ora. Come dicevo prima, non ho imparato composizione da qualcuno, non in modo istituzionale.
Ho iniziato a comporre quando avevo 13 anni, ho iniziato dalla musica popolare, dalle canzoni rock ed in pochi anni, in modo molto naturale, ho iniziato a comporre il mio attuale stile di musica si tratta del periodo in cui ero alle superiori, ho iniziato con un synth Yamaha ed un registratore a nastro. A quel tempo ho semplicemente pensato che non volevo comporre un pezzo che avrebbe potuto fare chiunque altro, dopo ho capito che la mia musica poteva essere classificata nella categoria della musica sperimentale, la sound art elettro-acustica, rumore, etc. Non sapevo neppure chi era John Cage a quel tempo, nel primo periodo in cui componevo, alle superiori, la mia influenza principale per la musica sperimentale elettronica sono state la fiction e l’astronomia più che la musica degli altri. Proprio l’astronomia ha avuto un ruolo fondamentale nelle mie composizioni da adolescente. Più che John Cage avevo come riferimenti Stephen Hawking e Carl Sagan, vivevo nella campagna del Giappone ed il cielo di notte era pieno di ispirazione.

SODAPOP: Che cosa stai progettando per il futuro?
KOJI: Continuerò a comporre, scriverò spartiti di giorno e processerò file elettronici la notte e continuerò a farli uscire nel corso dell’anno. Credo che inizierò ad esibirmi nuovamente dal vivo dato che in questi anni avevo rallentato proprio come con l’uscita di materiali. Sono passati otto anni da quando mi sono ritornato in Giappone dalla Spagna, per quanto il Giappone sia un paese molto interessante in un certo senso, mi piacerebbe spostarmi in altri paesi (Europa, America o altrove) quando ne avessi l’opportunità. In questi tempi le strumentazioni da studio sono molto compatte e non importa molto dove viva per il modo in cui compongo. Così sono molto interessato a scoprire nuove situazioni.