Kleinkief – Fukushima (Shyrec/Dischi Soviet Studio, 2016)

Delicato art rock italiano dalle pretese e dalla presunzione fuori dal tempo. Sonorità pompose e gonfiate dalle ispirazioni anni novanta più che settanta come generosamente ama autodefinirsi la band medesima. Indubbiamente e fortunatamente per loro propongono un target musicale che al Mi Ami avrà sempre un seguito e un sostegno. La voce di Thomas Zane forzatamente melò e filodrammatica risulta un nauseabondo melange tra Manuel Agnelli e certa new wave italiota anni ottanta. In fin dei conti, quello che disturba non è l’essenza quanto la ridondanza, in questo caso di proporzioni pantagrueliche, che vanifica qualsiasi intento ammaliante o anche di pura e semplice concentrazione sonora. Probabilmente nel 1971 i Kleinkief sarebbero anche stati adorati da stuoli di progster dalla zampa d’elefante e dai dobloni al collo, ma oggi francamente, chi sente ancora il bisogno di questi magmatici decotti di suite tra l’introspezione degli xilofoni e i gong fruity loops? Io no e spero nemmeno voi. Ma la vita continua e le ristampe Btf non ci fanno dimenticare l’autentico glorioso passato.