Un fallimento necessario, una tiratura di una ristampa che va esaurita in meno di un mese.
Eppure Black Blues di Keiji Haino è stata opera importante, stampata venti anni or sono dalla transalpina Le Disques Du Soleil Et De L’Acier di Gerard Nguyen e qui ripresa dalla Room40 di Lawrence English.
Chitarra ed urla, feedback e la sensazione di una necessarietà urlata nel primo album, lontano da forme di violenza primigenia come potevano essere gli Old Time Relijun e molto rappresentativo della figura di Haino, che lungo tutta la sua carriera ha lavorato per rendere il più cruda ed onesta possibile il suo suono.
Parlando poco tempo fa con Alessandra Novaga citavo questo lavoro come di fruizione difficile all’epoca e riascoltandolo ora mi accorgo che forse lo accolsi in questo modo per la sua nudità. Non c’è orpello, non c’è maschera, soltanto blues e la ferocia delle dita che corrono sulle corde. Ricordo di aver letto anni fa un’intervista ai Blonde Redhead nella quale uno dei due gemelli pace raccontava la scena del chitarrista intento a suonare e la visione dei suoi capelli che venivano letteralmente strappati rimanendo intrecciati nelle corde.
La musica per Keiji è sangue, muscolo, catarsi, esperienza ed il suo Black Blues violento ci fa vivere tutto questo.
Per contro, nella versione soft il muscolo cardiaco si apre ed è il dolce suono del sangue e dell’anima che si sente, in piccoli rivoli che sembrano essere sempre esistiti. La voce è una carezza, la chitarra uno spettro, entrando in un ambito di preghiera laica, quasi da last surrender all’orizzonte, in controluce, mentre il sole scende dietro di lui. Una drammaticità esile e convincente, sostenuta dal suono, bellissimo, della lingua giapponese.
Il perdersi di nuovo nel proprio passato, nel cercare immagini, ricordi e traduzioni di qualcosa, oggi come allora, estremamente misterioso ed evocativo. La scomparsa fisica, un’altra volta, di questo album non fa in fondo che suggerirci la sua perfetta fruizione.
Musicassetta, 120 minuti, Lato A e Lato B, walkman.
Stradine e panchine, alba o tramonto, in solitaria, con le braccia e le gambe libere per movimenti aerei e liberi.