Gruppo misto finito chissà come su un’etichetta belga, la Rotkat Records di Anversa, Kate Dallat si compone di Kudu e Micky Padrino, mentre la vocalist greca Codeina dipinge da ospite i suoi vocalizzi, ai quali si aggiunge in una traccia Calypso Martini.
Partono spingendo verso un suono ancestrale nel quale ci si perde volentieri, Frango è infatti terreno che potrebbe essere comune a molte fra le vagolanti che prendono e ruminano tradizioni e psichedelia creando fra le cose più belle in Italia recentemente. Ma poi, improvvisamente, arriva la cassa che tutto raddrizza e ci porta in pista da ballo, sì corredata da specchietti etnici ma dritta e senza troppi grilli per la testa, di Marmarilo.
Kate Dallat sembra un progetto che si muove con decisione fra più mondi sonori, lambendo il folk che sposa il synth-pop in un una Canis Major che sembra scendere direttamente dal cielo. Quando i BPM aumentano e tengono un ritmo piuttosto alto si vive uno stato di tensione, mentre quando scompaiono c’è una sorta di religiosità a calare sulle composizioni, creando una differenzia piuttosto netta nell’approccio alla materia sonora. Il percorso è quindi un saliscendi che non lascia un attimo di respiro, quasi fossero le diverse parti di una sorta di rito alchemico, su e giù nella trasformazione della materia.
Colpisce a tratti, richiama l’attenzione con i diversi fumi nelle sue mani, diventando quasi bestiale nella conclusiva Kuç, lasciando intendere di un mondo che probabilmente scopriremo per intero solo più avanti, ma il primo sguardo è più che convincente pur dovendo abituare le pupille all’oscurità.
Kate Dallat – Gender Reveal (Rotkat, 2025)
