Kaeba – Lanurek 5.0 x 100 (Farmacia 901/Bugdate/Kaeba, 2010)

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Proprio l'altro giorno pensavo a quanto questo Paese di "vecchi" (sia chiaro: per forma mentis e non per età!) e di superficial-giovani (alla base della cui educazione, comunque, presiedono direttamente o indirettamente dei "vecchi del cazzo"), trovare del talento così smaccato come in questo disco sorprende ed esalta. Tanto da far tenere le dita incrociate perché questo poco-più-che-ventenne non si bruci e non scompaia nel vuoto. Si tratta di un disco di elettronica più o meno sperimentale, a suo modo quasi ambientale e che ricorda alcuni lavori su questo stile assemblati da gente uscita dal giro IDM e riciclata nella sound art più morbida.
Il fatto è proprio che al di là dei bellissimi suoni, dei giochi che dimostrano una perizia nell'uso dei loop e dei macchinari, quello che resta ben impresso del disco di Kaeba è la melodia ed il vostro Dio sia lodato perché finalmente rincomincia a venire fuori qualcuno che al di là delle strutture, dei suoni super ricercati, si ricorda che un pezzo può ancora essere melodico anche se in un contesto smaccatamente elettronico-sperimentale. Ciò non impedisce che questo ragazzo tagli in modo improvviso tappeti che altri trascinerebbero fino alla fine, li riporta in gioco, li sostituisce con melodie digitali o paesaggi da dopo Pan Sonic o roba da post-techno scandinava. Nonostante i giochi di suono quindi vengono ad alleggerire delle voci etere da Signore Degli Anelli (e ricordiamolo che coinvolta nell'operazione c'era anche Lisa Gerrard dei Dead Can Dance), dei synth e dei tappeti che riportano alle compilation del primo periodo Warp ed ai Seefeel, delle melodie aperte ma simili shoegaze e quindi fra estasi e viaggio psichedelico. I giochi melodici ed i tappeti digitali degni di alcune cose di Richard Chartier & Taylor Deupree comunque non smentiscono un'impressione che ho sempre avuto e cioè che l'elettronica europea mediamente è una spanna sopra quella americana (certo è una generalizzazione e lascia un po' il tempo che trova). Una delle cose belle di questo disco è che nonostante la ricerca del suono ed il piglio sperimentale è rimasta una forte impronta da Intelligent Dance Music degenerata; se sia voluta o un'influenza presa di seconda mano poco importa, quello che conta realmente è che regala una certa ascoltabilità ad un disco che altrimenti non sarebbe certo dei più semplici. Un tempo un lavoro del genere non sarebbe uscito su Warp, ma sarebbe sicuramente sbarcato su Sub Rosa, in un certo senso mi ha anche ricordato l'eclettismo elettronico e la capacità di fare dei minestroni particolari di certi giapponesi che operavano in questa strana terra di mezzo tecnologica. Se Retina/Resina, Martuscello, Teardo, Ielasi, Massimo (che molti non ricordano, ma che si sparò un disco su Mego ed uno su Staalplaat in tempi non sospetti) e gente del genere in passato hanno raccolto più consenso all'estero di qui in Italia (strano… non capita mai), c'è da sperare che il futuro, o meglio, il presente sia nelle mani di un ragazzo di poco più di vent'anni e non di un "vecchio del cazzo" come me e come te che stai storcendo il naso.