Ilienses – Jae (Masked Dead, 2024)

La prenderò un po’ lunga questa passeggiata per arrivare ad aprire con la Jae, chiave, la porta degli Ilienses, duo di Natascia Talloru e Mauro Medde. Coppia sarda di ritorno dopo l’esordio Civitates Barbariae, da me scoperta grazie al lavoro certosino di Max Zarucchi su Human vs. Robots, occupatosi del loro brano Hampsicora.
Pensi all’isola sarda, alla psichedelia ed alla musica più libera ed i nomi ad uscire sono spesso femminili, quelli di Dalila Kayros, di Daniela Pes, di Laura Dem. Figura vicine alla tradizione ed alla magia come le Janas, oppure letali come le Abbacadoras, figure che negli anni sono riuscite tramite la musica a rendere la tradizione contemporanea ed avanguardista. Già, che dalla terra si parte per andare nelle profondità e nelle altezze, nei pozzi e fra le nuvole.
Qui siamo in Barbagia e quando Jae parte voci e suoni ci rapiscono con forza, staccandoci da qualsiasi contesto di ascolto: a tratti si raccolgono parole e si percepisce l’energia del rito e del duo, con la voce di Natascia in primo piano e quella luciferina ed animalesca di Mauro nella retrovia. Calare s’abissu, luce poca, si scende nel gorgo ma nonostante questo l’energia è positiva e potente, rinfranca piuttosto che spaventare in quasi 7 minuti e mezzo che battezzano e ci portano immediatamente sul posto. Percussioni ed alcuni canti riecheggiano di folk nordico e fiero, coi quali senti il fresco del vento sulle ali dell’assiolo (sa Tzonca), mentre Mauro riprende i canti a tenore per la quale l’isola è famosa e come da tradizione si riassociano al mondo animale, dal quale prende ritmo e movenza, sciolta, libera ed insistita. Quando la faccenda si scalda escono le unghie e sembra di assistere ad una sorta di metamorfosi dove umano ed animale prendono nuova vita in ambiente sulfureo e violento. Eròes, dritta e segnata, come una marcia militare antica e spedita. Sul tema si resta, andando a ripescare Ampsicora, figura storica e leggendaria che si erse a resistenza ed a difesa dell’isola contro l’invasione romana, togliendosi la vita dopo la morte del figlio per non finire nelle mani che le invasero. Fizzu meu, “…fizzu meu si sente, core e’mamma…”, in una preghiera che è insieme pianto, ricordo e rabbia. Fiati, percussioni e voci oltrepassano ancora il mediterraneo finendo in un maestoso Mare del Nord con Ili Iur In Nurac Sessar, all’insegna di un’epica che ha la potenza del metallo ma conserva la duttilità del legno e la scintilla della pietra focaia. Animas lascia com’è giusto che sia qualsiasi spoglia terrena e vola direttamente su voci ed arie circolare, come vortici di energia e di gioco purissimo. Arbèschet finisce come meglio non potrebbe un lavoro del genere, archi a gravare, percussioni mirabili, Mauro in un canto folk che potrebbe anche essere un De André passato attraverso un inferno dantesco, un flauto ed una meraviglia che non accenna a scendere.
Jae è l’ultimo disco targato 2024 del quale andrò a scrivere e non potrebbe esserci chiusura
migliore. Chiudiamo a doppia mandata ed andiamo avanti senza rimpianti.