Il Lungo Addio – Tropico Romagnolo (Wallace, 2022)

Esiste un luogo dove l’estate sta perennemente finendo, e questo luogo è la riviera romagnola cantata da Il Lungo Addio, un luogo in un tempo sospeso fra i tardi anni ’70 e l’eternità. È proprio da quest’epoca che, per tramite di Tropico Romagnolo, ci arrivano sei nuove cartoline, col colore delle immagini sbiadito dal sole e dietro scritte strofe stralunate e malinconiche. Di tropical ce n’è poco, giusto una sporcata di percussioni nella stranita Pizza In Albergo (immaginate Mauro Pelosi che la interpreta suonando l’organo nella hall), il concitato intermezzo Naufrago e il ritornello del brano eponimo; il resto è cantautorato supportato, senza invadenze, da una band di tutto rispetto (Fabrizio Carriero ai batteria e percussioni, Luca Ciffo della Fuzz Orchestra al basso, Luca Olivieri a piano e synth, Sergio Montemagno di Lavorazioni Carni Rosse alla tromba e Xabier Iriondo al Mahai Metak) capace di combinare sonorità moderne a colonne sonore anni ’70 (Lido Di Classe) o di calarsi in un’atmosfera d’altri tempi, dandole però un tono, scusate il gioco di parole, atemporale (Tropico Romagnolo). La voce di Fabrizio Testa gioca fra la consueta monotonia e incursioni che potrebbero ricordare Fiumani, De Gregori o Conte, ma forse sono solo echi fuggiti dall’autoradio di un turista di passaggio sul lungomare, mentre i testi oscillano fra banalità stranianti alla David Foster Wallace (Tropico Romagnolo) e malinconie assortite (Nel Pomeriggio, Porto Canale). Il disco, piuttosto breve (non tocca la mezz’ora), si ascolta volentieri, ma nonostante lo spirito indubbiamente brillante e un azzeccato gusto per le cose sghembe che lo animano, difficilmente ci fa scappare un sorriso: probabilmente il microcosmo della riviera assomiglia troppo al mondo fuori.