Il Genio + Vincenzo Fasano – 18/07/08 Arci Kroen (Villafranca – VR)

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Nell'umido che avvolge il giardino dell'arci Kroen, dove si suona stasera, mancano giusto alcuni esemplari di pesci volanti in sostituzione delle zanzare per rendere l'atmosfera perfettamente sottomarina. Entro in stile libero e mi accomodo a uno dei tavoli, dove già sono seduti alcuni esponenti della malaindie locale. Oggi il menù offre Il Genio, duo salentino (un lui e una lei) di indie-retro-pop-ecc. e Vincenzo Fasano, cantautore solitario, che gioca in casa. Nell'attesa, noi comuni mortali cerchiamo di ricacciare l'umido dalle ossa con qualche partita a ping-pong, prima che il gioco sia sospeso per impraticabilità del campo, oramai simili al terreno del Curi il giorno di quello storico Perugia-Juve. Ma ormai è tempo che s'inizi a suonare e ci avviciniamo al palco posto sotto il salice piangente: umido che si aggiunge a umido (è la prima e l'ultima battuttaccia che faccio, giuro). Parte Vincenzo Fasano, che riesce là dove il ping pong aveva fallito: riscalda l'atmosfera. Set breve e intenso, dove l'indole cantautoriale è stemperata da una chitarra ruvida, dal piglio puramente rock. Il nostro si trova a sugianlu2o agio, accompagnato solo dal suo strumento e coadiuvato dagli effetti della pedaliera e sembra non subire l'influenza dello spazio aperto, certamente non il più adatto a questo tipo di musica, giocata su sfumature e contrasti. Esibizione breve, dicevo, ma sufficiente a snocciolare alcuni dei migliori brani del repertorio, dagli echi PaoloContiani di Paliettes, alla più ruvida Sindrome Di Stoccolma, forse il suo pezzo migliore, per chiudere con la suadente È Come Un Gioco.
Proprio questa canzone fa da ponte fra le due esibizioni, venendo ripresa, fra il serio e il faceto, dal Lui de Il Genio, durante le indispensabili operazioni di asciugatura dell'umido che si è condensato sulla tastiera, e non solo lì.
Il duo, ultimamente sulla bocca di molti (e con l'onore di portare sul CD il marchio della rinata Cramps Records) si cimenta con una musica leggera per forma e contenuti, che non rimanda ad altro che a sé stessa e a una certa estetica seventies. La formula è quella di un pop "francesizzante" e abbastanza educato (beh, a parte quella canzone sul porno…), costruito con basso, tastiere e battiti elettronici, arrangiamenti che richiamano il Battiato più recente e le voci, quella sottile di lei (un po' alla Cardigans) e quella "crooneristica" di lui, che si rincorrono lungo testi che trattano di falsi viaggenio2gi lunari, storielline d'amore, cinefilia di serie B. Insomma, roba da far rivoltare nella tomba il compagno Zdanov (ma suvvia, un po' di movimento non può che fargli bene).
Il problema è che, anche se le canzoni ci sono (avete presente? Quelle che vi vergognate di dire che vi piacciono), dal vivo il suono del duo è ancora troppo bidimensionale per ricrearne l'atmosfera e le sfumature, disperdendo le buone idee contenute nei pezzi. Forse, loro sì, subiscono lo scotto dello spazio aperto: la voce di lei si perde e il supporto elettronico non garantisce quel minimo d'impatto che dal vivo sarebbe necessario. Peccato… Comunque il pubblico sembra gradire; l'album viene ripreso quasi per intero e spiccano il singolo Pop Porno, Non E' Possibile, nella sua ostentata vuotezza una specie di brano manifesto e Gli Eroi Del Kung Fu, a dire il vero il pezzo che più mi lascia perplesso: che c'entra Charles Bronson e soprattutto, perché non viene citato un colpo leggendario come Il Fiore A Due Petali? Ma a parte queste piccolezze, il concerto procede e arriva senza intoppi alla conclusione. L'impressione, alla fine, è che più che "genio" qui si tratti di "lavoro", il che non è comunque un male, anzi, la capacità di scrittura e il gusto negli arrangiamenti è ormai dote rara. Ma proprio del lavoro è ancora da fare, specie riguardo la resa live. La serata si chiude qua, non prima però di un altro giro di ping pong (ahimè, stavolta le busco…), qualche parola, qualche birra.
Poi me ne vado a letto, sentendomi non troppo bene; temo di avere la sindrome di Zingales.

(foto di Elena Prati)