Dalla fertile Sardegna, fertile almeno dal punto della musica meno convenzionale, ci arriva l’esordio autoprodotto de Il Cotone Di Fukushima. Il nome farebbe pensare a qualcosa di indie, invece questo duo chitarra/batteria si cimenta con della musica improvvisata che, pur con qualche particolare ancora da registrare, fa davvero piacere ascoltare.
Intelligentemente breve, per non rischiare di tediare l’ascoltatore, ma comunque esaustivo riguardo alle qualità del gruppo, Scie mette in fila cinque brani costruiti intorno a esili melodie di chitarra, disturbate dai battiti irregolari di una batteria mobile ma mai troppo invadente e da qualche rumore concreto; è musica pulsante e atonale, misurata e quasi priva di asprezze, dove pieni e vuoti si equilibrano. Sicuramente un pregio del gruppo è quello di non ricercare il facile effetto, ma di dedicarsi con cura alla costruzione delle trame, attraverso suoni puliti e un controllo assoluto della materia sonora, con coraggio e una già buona maturità. Anche se non siamo ancora su quei livello, a tratti mi hanno ricordato il blues sghembo del progetto Polvere del duo Iriondo/Coletti e il rock-blues scarnificato dei Madrigali Magri: è infatti questa una musica che tende al rock o, a seconda del punto di vista, che dal rock parte per poi decostruirlo. La registrazione casalinga penalizza un po’ l’ascolto, cosi come qualche passaggio un po’ inconcludente, ma sono peccati davvero veniali. Alla fine dell’ascolto rimane la buona impressione di un gruppo che fa del basso profilo un pregio e che ha saputo mettere insieme un disco che esprime curiosità e voglia di esplorare la materia sonora senza intellettualismi, attraverso il lavoro e la continua sperimentazione.