Heroin In Tahiti – Death Surf (Boring Machines, 2012)

Il lato oscuro di Tahiti su Boring Machines: non musica da spiaggia o surf rock come lo intendiamo noi, al massimo qui abbiamo le spiagge deserte della Polinesia con funghi atomici all’orizzonte. La colonna sonora della fine di tutto con qualche eco desolato, un ricordo vago e scarnificato della spensieratezza che un tempo popolava un luogo che, sulla cartolina ingiallita, sembrava felice (la copertina rende l’idea). Death surf, insomma. Anche se mai una sigla è in grado di sintetizzare un suono, in qualche modo può rendere l’idea: alienato, esotico, contaminato dalle radiazioni e spoglio. Quello che rimane sono solo ricordi fuori fuoco di un’esistenza passata. La psichedelia, il kraut, l’immaginario vintage e spaghetti western (meglio Spaghetti Wasteland), in Heroin In Tahiti tutto c’è ma passa attraverso una coltre contaminata, una lente deviata, ormai irrecuperabile e a mala pena ascoltabile o distinguibile: dalle tracce di surf presenti in Death Surf o il Morricone in acido nei rintocchi di Sartana (pezzo capolavoro del disco), ispirato ai film di fine anni sessanta del generale degli spaghetti western: …Se Incontri Sartana Prega Per La Tua Morte oppure Passa Sartana, E’ L’Ombra Della Tua Morte. Tra gli esponenti di quella che ormai, da qualche anno e su numerose fanzine, viene definita la c.d. scena Borgata Boredom – che anima le notti nella zona Roma Est, fatta di quartieri tra cui quello di Torpignattara (nome che mi viene in mente solo per fatti di cronaca violenta recente) – Mattioli/Fogueiredo evocano con synth e riverberi infetti scenari in cui i test di Mururoa sono finiti e i bastoncini Findus non hanno più lo stesso sapore di prima.