Giulia Impache – IN:titolo (Costello’s, 2025)

Il debutto di Giulia Impache è una bellissima sorpresa. Musica in perenne movimento, evasiva ma che rappresenta del tutto la sua autrice, in una mezcla fra elettronica e pop/folk visionario. IN:titolo si compone di dieci brani che riescono a dipingere scenari meticolosamente disturbati dall’incrocio di mondi. Se a questo strategico agire aggiungiamo una voce del tutto personale, tanto classica quanto sfaccettata, otteniamo un disco che è un vero percorso umorale ad ostacoli, nel quale i brani sembrano essere i diversi livelli di rivelazione e di espressione artistica. È musica pop umbratile, dove gli estremi si scontrano stridendo in un calderone potente, dai quali emergono fumi colorati che riconducono a Kate Bush e Beth Gibbons mentre screzi digitali prendono forma fisica e colpiscono ferendoci. In Quello che (outside) si sentono i corpi degli strumenti vibrare ed è sempre un bellissimo sentire, specialmente con il canto della sirena in modalità shoegaze fra le righe. In altri momenti c’è la sensazione che è si stia formando un deciso insieme pop, come una Life is short che obnubila e stordisce come se le Luscious Jackson fossero ripassate alla trielina. C’è una sensazione di sacro, di rituale in quel che riesce a fare Giulia Impache, che forse è semplicemente il connettere ogni parte di se stessa convogliandola in suono. Ne escono momenti aspri e rumoristici nei quali Ogni cosa sembra essere mutevole ed affascinante e, più in generale, l’impressione che Giulia Impache sia in grado di orbitare in un mondo musicale dal quale farsi volentieri rapire, per non tornare mai più.