Giovanni Dal Monte – Reforming The Substance (SonicaBotanica, 2016)

È un progetto ambizioso questo di Giovanni Dal Monte, non lontano da quello messo in piedi da Okapi con Musica Riparata ma con risultati decisamente meno pop: si parte dalla musica classica e filtrandola attraverso l’elettronica si arriva a qualcosa di nuovo che non è né l’una né l’altra cosa. Detta così il tutto potrebbe apparire relativamente semplice, quasi banale, ma il fatto è che attingere a un patrimonio come quello della classica occidentale non è cosa semplice, ci si porta inevitabilmente dietro tradizioni, echi e retaggi che sono inscindibili dalla musica e che pongono paletti a chi cerchi, come il nostro, di riformarne la sostanza. Insomma, se si forza troppo la materia si rischia di trovarsi fra le mani e nelle orecchie una sostanza informe, se ci si limita ad aggiungere qualche suono moderno si rischia una schifezza come già se ne sono sentite in passato (ricordo anche agghiaccianti commistioni rap-classica). Reforming The Substance è un disco-laboratorio dove vengono prese in esame un po’ tutto le possibili declinazioni dell’idea di partenza, da quelle più radicale alle più misurate e meno invadenti. K491KV421, Boris on Broadway e Unser Abendrot che assemblano campioni di sinfonie abbastanza note (per lo più prese da Mozart e Mussorgsky), voci operistiche e misurati interventi elettronici che cuciono, distorcono e mettono in loop gli originali sono gli esempi più riusciti: qui l’elettronica è più un mezzo che un genere e segna le composizioni dettando tempi e forme come un vecchio alfabeto che si dispone secondo le regole di una nuova sintassi. Agli estremi stanno Le Caire En Avril e Ionoafera: il primo è un brano spigolosissimo dove è difficile riconoscere le fonti e si rischia di perde il filo del discorso, il secondo è molto ossequioso nei confronti degli originali e regala meno emozioni rispetto alle altre tracce. Trattazione a parte meritano le tre composizioni conclusive che presentano rielaborazioni delle opere mozartiane Don Giovanni (Dgvnn-A), Flauto Magico (Zbrflt-B) e Fidelio (Fdl-A): sono fotografie che cristallizzano il processo di ridefinizione della forma a metà strada, con le strutture elettroniche ancora in bella evidenza e non ancora fuse con le partiture classiche. Un po’ come i ritagli di giornale che Braque incollava nei suoi quadri cubisti per scongiurare una deriva eccessivamente astratta, questi pezzi ci mostrano contemporaneamente il prima e il dopo e sono un appiglio essenziale per cogliere il senso profondo dell’operazione, specie per chi – come il sottoscritto – con la materia non è proprio ferratissimo: nell’avvicinarsi a Reforming The Substance con piglio filologico andrebbero forse ascoltati per primi. Gli aspetti che questo lavoro chiama in causa – l’attualità dei suoni classici, il debito che verso di loro hanno le musiche contemporanee non necessariamente colte, la produttività di una tale opera di revisione – sono molteplici e richiederebbero approfondimenti che lascio all’ascoltatore, magari guidato dai saggi degli esperti contenuti nel libretto; mi sembra però interessante notare che un disco al tempo stesso godibile (per le orecchie) e difficile (per il cervello) come Reforming The Substance non abbia, almeno sulla carta, ascoltatori di riferimento e per questo si presti ad essere un terreno di incontro/scontro quanto mai produttivo.