Ciclicamente Gianluca Becuzzi sente il bisogno di reinterpretare momenti della propria carriera: era già successo con la trilogia Unholy Rituals, che rielaborava radicalmente alcuni brani dei Limbo, ricapita oggi, con piglio diverso, in The Child And The Abyss.
In questo caso il trattamento riservato ai brani è meno radicale: i pezzi conservano o adottano strutture prossime alla forma-canzone, ma a ciascuno viene cucito un nuovo abito che, nei casi più felici, rivela qualità diverse, se non talvolta migliori, rispetto alla versione di partenza.
L’idea di una doppia anima è d’altra parte un elemento costitutivo di The Child And The Abyss: da un lato è una compilation che ripercorre la carriera del nostro – dai Limbo alle recenti uscite soliste, passando per i Noise Trade Company – dall’altro è un album che, filtrando ogni pezzo nell’ottica delle ultime esperienze, segue una propria logica organica, predisponendosi a una fruizione ben lontana di quella di una raccolta celebrativa.
Stilisticamente il disco è animato da uno spirito rock scarno e scuro, in linea coi lavori pubblicati da St.An.Da, ma il termine è appunto da intendere come un’attitudine che porta a ricercare un suono viscerale e primigenio, talvolta lontano dai canoni del genere.
Così, dopo un’introduzione (inedita) dagli accenti vagamente alla Phurpa, abbiamo le movenze neo-folk commoventi e solenni di Where The Grass Grows High (da Deceptionland), nettamente superiore all’originale nonché uno dei picchi dell’album; dallo stesso disco è estratta If The Crows Are Hungry, quasi gemella nella resa, che vira però poi verso uno stile death-rock che le si addice. Evening Star proviene anch’essa dal recente passato (Black Mantra) e distilla in tre minuti lo spirito ritualistico dell’originale in una versione etno-tribale spiazzante e riuscita.
Dal repertorio dei Limbo emergono Carnalia, coi suoi battiti serrati e i chitarroni che sfociano in atmosfere wave ipnotiche senza disperdere la pesantezza, mente Red Latex Jesus rappresenta la nemesi dell’originale: depurata di ogni elemento elettronico è resa solo con voci e percussioni, una versione, al contempo, primitiva e modernissima.
Her Cold Lips, pezzo di chiusura di Unfaithful Believers dei Noise Trade Comany, diventa più corposa grazie a una chitarra distorta che vibra dal fondo ed è caratterizzata da un incedere meccanico, scandito dalle percussioni e dalla cadenza della voce, che porta a un finale che non sarebbe dispiaciuto ai Laibach di Opus Dei.
Le ultime righe le dedichiamo alle cover: se Venus In Furs non aggiunge nulla a un pezzo sentito già mille volte in tutte le salse, estremamente interessante è il trattamento che subisce Children Of God che, senza complimenti, viene ricondotta al suono crudo e nichilista degli Swans degli albori, lontano da quello ben più morbido utilizzato nell’87. La menzione d’onore spetta però a We Will Fall degli Stooges, che riprende e sublima i toni oscuramente liturgici che qua e là e abbiamo ascoltato nel disco e ci conduce a un outro (anch’esso inedito) che ne riprende le atmosfere.
Recensendo il già citato Unholy Rituals parlammo dell’idea di un tempo ciclico, dove il passato e il presente sono in continuo, dinamico rapporto; è un discorso che vale anche per The Child And The Abyss (ben rappresentato dalla splendida copertina opera di Valentina Ramacciotti): il non fissarsi in una forma statica e accettata, mettendo in gioco quanto già dato per acquisito, è il motore della creatività.
Gianluca Becuzzi – The Child And The Abyss (Luce Sia, 2024)
