Gianluca Becuzzi – Deeper (CD Luce Sia, 2022)

Deeper è la terza parte di una trilogia iniziata nel 2017 e comprendente i lavori RedruM e TheenD, in questo caso giostrata senza la collaborazione del sodale Massimo Olla.
Negli anni si è iniziato con le Murder Ballads, poi si è passati da Nico, fino ad un parterre de rois che vede coinvolti, uno in fila all’altro: Brian Eno e David Bowie, Coil, Kraftwerk, Einstürzende Neubauten, Faust’O/Deat in June, Talking Heads, Elvis Presley/John Cale, The Stooges. Nomi da farsi tremare le gambe, fate conto che in questa selezione troviamo due brani fra i preferiti di sempre del sottoscritto (Funerale a Praga e We Will Fall). Ma, mutatis mutandis, Gianluca, che è musicista d’esperienza, svela forse di più di se stesso attraverso queste canzoni che rispetto e buon gusto. Innanzitutto la sua voce, lirica, chiara, accorata. Poi l’acqua, che ritorna e rientra, uscendo dai canali e dando alle rappresentazioni un aspetto ancor più tetro. Di album di cover ne è pieno il mondo, di begli album di cover ognuno può averne al massimo 5. Io ci metto i Walkabouts, i Ramones, i Death in Rome, i Fleshtones e Gianluca Becuzzi. È un gioco, certo, ma se domani qualcuno mi prendesse in ostaggio e mi chiedesse, bava alla bocca: “Dimmi quali sono i tuoi cinque album di cover preferiti, dannato svizzero!” beh, su Gianluca ci conto. Non manca nulla a questo disco, c’ê buon gusto, stile, cognizione di causa.
Warszawa di David Bowie è cupa, come se in Polonia, prima della visita del nostro, fosse passata un’aspersione di soda. Se ne riconoscono gli squilli melodici ma il tutto risulta corrotto e distrutto, così come ogni cover dovrebbe essere.
Coil ed Heartworms lavora su più liveli vocali, con una visione molto classica di espressione, quasi da teatro greco (con un pathos che, come modalità di gestione, più volte uscirà in questo lavoro). I Coil vengono asciugati e resi rurali ed austeri, guadagnandone in spessore e visione.
Hall of Mirrors (che ricordo essere stato un progetto di Deison ed Andrea Ferraris ma sicuramento sbaglio alla grandissima. NDA: Infatti, erano Andrea Marutti e Giuseppe Verticchio) dei Kraftwerk viene raffreddata alla base, e qui, forse, sento la solitudine dell’uomo al comando senza automi. Ma, in loro assenza, il riverbero si fa sentire, eccome, ed il pezzo risuona realmente come se intorno a Gianluca ci fossero soltanto degli specchi.
Passiamo agli Einstürzende Neubauten, a questo punto. Rispetto a Blixa Bargeld, Gianluca risulta…ah, sono due mondi, non parliamo di confronti qui, ma della capacità di trasportare brani che hanno significato qualcosa nella crescita del musicista in esame (già 34enne al momento della pubblicazione) carico, carico di un entusiasmo che trasforma il rigore in entusiasmo, facendone fiorire i frutti.
Funerale a Praga è uno dei brani più lancinanti al mondo, non ringrazierò mai abbastanza la mia amata Jessica di avermi fatto tramite con Sacha Rovelli (che produce il disco insieme a Nebo con la sua Luce Sia, il mondo è minuscolo!) mentre i DIJ si sposano ad esse con un unione di accordi che più che un caso è una sentenza, lasciando un aura di completezza al tutto.
The Overload è uno dei Talking Heads più statici ed oscuri ed in effetti sembra un brano autografo di Gianluca, talmente comune è l’humus, l’anagrafe ed il trasporto. Droni, claustrofobie e slanci.
Heartbreak Hotel, riportata autografata sia da Presley che da Cale. La stanza è vuota, putrida, sicuramente una scena del crimine. Non c’è nessuna risposta alla disperazione, solo i battiti che entrano e trasformano la scena in un cuore: ventricoli, vene, arterie. Basico, una pompa meccanica, come potrebbe fare un piede od un corpo.
Il fondo quindi, 10:24 minuti in cui in cui nell’ashram vengono completamente spente le luci e Gianluca, con suadente presenza, rimane discosto ma in primo piano grazie ad una profondità ed una lucidità che da una prospettiva completamente diversa al brano, come se da una dimensione collettiva esca una single figura, lucida e magnetica, ad irrorare energia al tempio.
Serve una conclusione: diciamo che Gianluca Becuzzi riesce, a 60 anni giusti giusti, ad estrarre dal suo cilindro un gioiello che, qui lo dico, lustra le sue potenzialità di interprete e di inventore di ambienti, in un percorso che non lascerà indifferenti ne i giovani, ne gli anziani ne i curiosi. Gettatevi in profondità, so deep, so cool…