Geoff Farina – The Wishes Of The Dead (Damnably, 2012)

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Ispirato dalla nuova vita rurale presso il fiume Kennebck nel freddo Maine, torna in punta di piedi Geoff Farina (ex Karate e Secret Stars, è appena il caso di scriverlo), con un album a suo nome (personalmente, non ne sentivo da Reverse Eclipse), presso la misconosciuta inglese Damnably. Sempre più ispirato alla tradizione della musica nordamericana, tanto da essere diventato professore di storia musicale presso la DePaul University, tra bluegrass e folk dagli anni venti in poi (questo per me sfata a posteriori la leggenda che vedeva i Karate come esponenti del nascente emocore negli anni novanta), Farina sforna un dischetto acustico corredato dalla solita classe, volutamente sottotono e forse prevedibile. Come un po’ le ultime uscite a nome Glorytellers,  il trio acustico sotto Southern Records.
Emerge ora più che mai lo stile chitarristico, orientato da qualche anno più verso territori della tradizione blues e fingerpicking che verso altri generi a cui ci aveva abituato con i grandi Karate. Se devo pensare ad un disco placido che non vuole stupire – quasi accademico nel suo esporre un virtuosismo in modo comunque così schietto e semplice – quest’album può essere preso come esempio. Sicuramente il disco trasuda amore per la tradizione, dalle storie di vita rurale (Hammer And Spade e Prick Up Your Ears), al piacere della scoperta di piccoli negozi o banchetti dove scovare vecchie incisioni, fino al coinvolgimento in imboscatissimi festival locali di musica conutry o bluegrass, come Geoff ama raccontare in Scotch Snaps. Non tutti amano questa coda così “conservatrice” di Farina, anche se riascoltando Usonian Dream Sequence del 1998, non si può non percepire che il lasso di tempo intercorso descrive comunque una storia perfettamente lineare. Dischi come questo sono fatti esclusivamente per la passione di suonare, in modo normale, in modo naturale senza preoccuparsi troppo se l’ascoltatore lamenta qualche sbadiglio di troppo.