Fabrizio Coppola – Heartland (Autoprodotto, 2023)

C’è del blues nel lavoro di Fabrizio Coppola, c’è dello spleen e ci sono delle nuvole. C’è un disco per me sorprendente, che finora non avevo seguito il suo lavoro ne come cantautore, ne come conduttore, ne come scrittore. Sembra strano, lo immagino, considerando che Fabrizio mi ha sempre trasmesso l’impressione di essere un bravo tipo, una persona che si butta oltre l’ostacolo e si da d’impegno per fare le cose per bene, ma la vita a volte e grama, ci arrivo tardi e ci sta. Ascoltando il suo Heartland,che arriva a dodici anni dal precedente Waterloola sensazione è quella di casa, della chitarra e della sedia a dondolo, della tristezza che in realtà soltanto quella patina di cui è ricoperta la scorza di una persona, l’incedere delle rughe sui nostri visi. Come di recente mi è capitato per Fulvio Tulli, anche per Fabrizio a colpirmi è l’onestà con la quale si mette in gioco. Cè una voce, una chitarra, un sacco di Stati Uniti e di anni ’90, la sua vita, forse anche una boccia di quello buono, qualche lacrima. I brani sono dei piccoli sacchetti che contengono parti di cuore, vengono rilasciate nel migliore dei modi e ci lasciano indecisi se commuoverci oppure voler pagare il prossimo giro cercando il suo sguardo lucido ed annuendo in silenzio. Poi arriva l’ultimo brano, La parte migliore di me, qualche rintocco di piano, chitarrina, un padre e sua figlia, raggi di sole.
Un disco forse piccolo ma importante: di sicuro per Fabrizio, certamente anche per chi gi dedicherà tempo.