ElectroAcousticSilence – Flatime (Amirani/Grim, 2010)

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Ieri sera mentre facevo zapping, mi trovo di fronte a questa formazione che ad Umbria Jazz esegue Imagine come pezzo di apertura del live: che dire?… Che quel pezzo mi fa schifo? Che da sempre quando lo ascolto provo quasi simpatia per Italo Balbo e per la sua idea di effettuare i bombardamenti a tappeto sui civili? Ma soprattutto che quello che mi fa più schifo di tutto è vedere queste bande di "marchettari da salotto" che fanno sì che la moglie dell'assessore dica di essersi divertita "alla serata jazz"? Che il reazionario de "il Grande Jazz", sentendosi un amante della "musica di qualità" ascolti e, peggio ancora, pretenda di ascoltare da sempre lo stesso disco, lo stesso pezzo, gli stessi standard, gli stessi incastri strumentali e le stesse melodie senza farsi troppe domande su quello che si pari dietro questo modo di ragionare e di vivere?. Lor signori "scelghino" la risposta che li aggrada maggiormente.
Ma sì, perché prendersela, in fin dei conti è perfettamente in linea con il modo di pensare di questo paese in cui tutto è "vecchio" e non tanto per età anagrafica (che in sé non avrebbe nulla di male) ma per modo di vivere e di ragionare, con quell'odio nei confronti dei ragazzini tipico dei maiali di "Salò e le 120 giornate di Villa Certosa". Detto questo l'ElectroAcousticSilence, pur standoci molto stretto nella definizione di jazz (forse ne incorpora giusto delle scorie) tanto come in quella di musica contemporanea, attesta come ci sia chi contrasta il passatismo senza per questo sviluppare un discorso che a suo modo si lega ad un contesto e che al contempo si sviluppa da una tradizione. Il rodatissimo duo Cosottini/Pisani in questo capitolo si allarga a Andrea Melani alla batteria, Filippo Pedol al contrabbasso e basso elettrico e Taketo Gohara al sound design. Per quanto non sia musica per chiunque, si tratta comunque di uno dei lavori più fruibili del giro che ruota attorno al Grim. Schegge di jazz aggiornate al nuovo millennio come in Letter, alcune delle consuete soluzioni da background colto come in Vox, Ming's Attempt o Blue. Sul disco trovano spazio diversi frammenti di musica free giocata su un grosso controllo e quindi molto "tenuta" come in Moretimex. Spesso il gioco è quello dei due fiati all'unisono che ricamano sul canovaccio fornito da basso e batteria e dove l'elettronica o palleggia con i primi o con i secondi, oppure lavora sul fondale colorando il tutto, per di più mi pare che spesso i suoni utilizzati da Gohara sfruttino come sorgenti gli strumenti degli altir musicisti. Si tratta di un bellissimo lavoro che potrebbe quasi piacere anche a quei redneck del pensiero a confronto dei quali i Kajoun di I Guerrieri Della Palude Silenziosa sono gente ospitale. Pensare ai jazzisti affermati che aprono ad Umbria jazz facendo cantare Imagine alla solita strafiga del giro, mi fa venire in mente di quando i jazzisti neri come Armstrong si dovevano comportare da "negro della capanna dello Zio Tom", ma era un altro contesto culturale, altri tempi e purtroppo si trattava di un' America ancora profondamente razzista (come se per altro oggi non lo fosse). Nel caso di Imagine non si tratta di Flatime ma di "past times" e questi tempi passati lasciamoli riposare in pace ovunque si trovino loro, "il Grande Jazz", "i Grandi del Jazz", Imagine, Lennon ed i "bei tempi andati", che se sono "andati" un perché ci sarà o no?!. Allo stato attuale delle cose vivere nel presente è già sufficientemente difficile.