Forti di una indiscussa esperienza pregressa ma anche di un saldo impegno politico, gli E di Thalia Zedek (Uzi, Come) e Jason Sanford (Neptune) hanno sempre proposto un suono vero e di ricerca nell’indie rock contemporaneo. Se fino ad ora la band ha prodotto album di post-core autoriale molto interessanti, ascoltando il nuovo Living Waters si percepisce come ci sia qualcosa di maggiormente risolto tra le differenti anime della band e che permette al lirismo di Zedek e alle obliquità di Sanford di cristallizzarsi come caratteristiche di un orizzonte maggiormente coeso e ancora più riconoscibile.
A oliare meglio l’ingranaggio potrebbe esserci anche lo zampino del nuovo arrivato Ernie Kim (poli-strumentista subentrato a Gavin McCarthy dei Karate), ma sta di fatto che sin dallo staccato ossessivo dell’apripista (Fully) Remote le inedite derive distopiche sperimentate durante la pandemia vengono raccontate con un connubio perfetto di spigolosità noise, ispirazione emozionale e centrato impatto armonico da fare la differenza. Traspare nel complesso una maggiore consapevolezza dei propri mezzi che rende potente il vortice ascensionale di Null, gli incroci chitarristici di Postperfect Conditional, come anche il senso di minaccia che innerva la malinconia di Gain Of Fuction e il solido drammatismo alla Come di Names Upon a List, spietata disamina delle nuove strategie di controllo messe in campo dal potere.
D’altra canto il trio sperimenta con nonchalance anche in territori più audaci, rendendo ben credibili i frammenti di chincaglierie elettroniche, chitarre e tempi free di Deep Swerve o le melodie intagliate attraverso le stratificazioni rumoriste di Ash, visione tragica quanto poetica della forzata migrazione dettata dai cambiamenti climatici e dalla guerra. Nondimeno, il respiro circolare della title track decelera su un brillante mix di Codeine e Low per poi aprirsi in una lunga divagazione arricchita da schizzi di sassofono free rendendo a dovere l’ottima statura del trio.
Un disco di peso da cui traspare una visione autentica e da tenersi stretta, soprattutto in un panorama artistico come quello odierno, spesso fatto di riproposizioni del passato ben confezionate ma in fin dei conti non poi così imprescindibili.