Di Domenico/Henriksen/Yamamoto – Clinamen (Off/Rat, 2011)

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Ecco un gran bel disco alla faccia del jazz che non si muove, di quello che resta statico e legato a quelle quattro puttane da salotto che rappresentano la versione colta delle cover band di Vasco Rossi. Il circuito jazz "off", borderline o con quel tipo di matrice o di background, negli ultimi tempi mi ha regalato alcune bellissime sorprese ed una di queste è questo lavoro in trio. Giovanni Di Domenico al piano, rodhes e all'elettronica, Arve Henriksen alla tromba, voce ed elettronica e dulcis in fundo Tetsuhisa Yamamoto alla batteria e quant'altro. Come mi spiace che il vecchio Miles Davis sia già morto, non dico che questo sarebbe stato uno dei suoi possibili sviluppi, ma senza dubbio avrebbe goduto come un riccio a pensare che nel suo periodo elettrico aveva dato il via non tanto ad una nuova specie ma ad un vero e proprio philum generazionale.
Clinamen è un disco molto fine, jazzato ma che cammina su di un filo sospeso fra diversi edifici: infatti non sono poche le influenze di musica contemporanea e di hard groove da musica nera trasfigurato da bianchi acculturati. Tracce mai troppo lunghe e ben elaborate tanto che fra spazi vuoti, innesti, incroci e passaggi da calcio spettacolo i tre riescono quasi a rendere digeribile una zuppa che spesso gioca su melodie sghembe e dissonanze. Fiati da avant jazz nordico, pianoforti e synth che pur richiamandosi alla tradizione non si sbilanciano mai verso una qualche forma di melodia banale e batterie che seppur puliti riempiono e svuotano lasciando veri e propri intarsi ritmici disseminati su giochi strutturali degni di Renzo Piano. Clinamen spesso gioca su una tensione più che palpabile che mi ricorda alcune delle cose migliori del jazz scandinavo prese a aggiornate. Parlerei di tradizione non tradizionale e atmosfere da nord-europa in autunno inoltrato.