Dagger Moth – the Sun is a Violent Place (autoprodotto, 2022)

Dopo 6 anni, finalmente, un nuovo album di Dagger Moth.
Iniziato nell’ormai noto periodo solitario ed individuale, vero e proprio calvario che ha cavato da molti artisti opere di sfogo e getti da elaborare e plasmare con calma, in questo caso con l’aiuto di poche e fidate persone: Victor Van Vugt al mix, Fabrizio Baioni alla batteria ed ai beats in tre brani ed Alessandro Gengy di Guglielmo che ha curato il mastering. Il resto è onere ed onore di Dagger Moth, che sembra essere più affilata e decisa che mai. La sua voce avvolge e colpisce rimanendo sempre personale e sembra danzare e giocare fra suoni che cadono come gocce a grappoli. Ombre, elettroniche, corde, sibili, ingredienti che sembrano rendere intelleggibili alcuni brani che evitano la testa colpendo direttamente lo stomaco, come Afloat. Il suono sembra essere piû onirico e digitale rispetto al passato, quasi che la falena si sia nascosta in un bozzolo semitrasperente, a specchiarci lontano dal suo essere. Quando si apre lo si sente, è suono e luce, come il finale di Automatic Dream Glow, attimi e note che chiudono cerchi e ne aprono altri. Le canzoni sembrano capitoli diversi fra loro ma uniti da una personalità mai invadente. Filtrate e striate da strati di luce si scoprono man mano, lasciandoci scheletri di brani molto personali che avvolgono, ci attaccano e si incollano a noi, quasi la che la scemata presenza della sua autrice li facciano aderire agli ascoltatori, modulandoli. A tratti si percepisce un sentore di rifrazione, quasi che a seconda degli ascolti le intenzioni sonore si sentano più o meno definite; un suono ch evolve e che lascia spiragli nei quali infilarsi, sfruttando in maniera il più consona possibile un’energia ustionante ma imprescindibile. Sara Ardizzoni dimostra ancora una volta la sua capacità di sposare intensità, finezza ed precisione. Musica che ci attraversa, facendoci vibrare.