Creve Coeur – Catastrophes (Atypeek, 2024)

Mmh.

Avete presente quando qualcosa vi garba istantaneamente ma in qualche credete vi manchino gli ingredienti per comprenderlo a fondo? Mi sono baloccato qualche giorno ascoltando Catastrophesdei Crève Coeur sentendomi così. Un disco che parte come se fossimo in un selciato punk hardcore, abbandonando la strada però già nei 5 minuti iniziali di Vertige Noire.

Potremmo forse parlare di un rock nervoso ed oscuro, non di Noise ma nemmeno di quel berciare di Pere Ubu e di Bärlin. Sono al debutto, ma i cinque musicisti sembrano essere vecchie lenze della scena cittadina con innumerevoli progetti passati (Kwoom, Panico Panico, Lugosi, Wolves ed Al-Qasar per citarne uno ciascuno).

Di certo c’è oscurità, sporcizia e disperazione, anche se a tratti emerge della melodia. Il cantato di Corentin Sarkadi riesce ad essere espressivo e sull’orlo del crollo, con una vis hardcore drammatica che in brani come 120db non fa prigionieri, mentre la sezione ritmica (Paul Void e Boris Patchinsky a batteria e basso) non si fa pregare, picchia e si storta volentieri. Emergono chiazze noise-rock ma sono attimi, che l’incedere soessi è dritto, talvolta da jazz club addirittura nella deliziosa Faraday.

I chitarristi (Valère Brisard e Fabien Claes) riescono ad ergere muri pericolanti di suono ed ad assecondare l’ansia canora, in un bailamme di emozione espresse.

A tratti l’enfasi, soprattutto nelle parti più trattenute, carica oltremodo la forma, anche se credo sia una delle caratteristiche di certa musica francese e non inficia il percorso passionale dei Creve Coeur. Nel disco sono presenti anche un paio di brani strumentali di circa un minuto di lunghezza, morbidi ed oscuri il giusto, che ci parlano forse di una possibile evoluzione in territori ancor più intriganti. È certo infatti che, nonostante l’esperienza dei membri, Creve Coeur stia iniziando solo ora il suo percorso. Intanto ci si lascia con Mathematique, 9:20 minuti nei quali il mondo dei Creve Coeur viene dilatato ed inasprito nel medesimo tempo, chiudendo in maniera più che rappresentativa un disco che potrebbe piacere a parecchi e che mi sento di consigliare per un ascolto.

C’est pas mistyque, c’est mathematique, you know?