Comambient, storie per chitarre e parole.

Ascoltare il disco di Comambient mi aveva lasciato diverse sensazioni da risolvere in qualche modo. Il passato di Riccardo, il suo spostamento verso i suoni acustici e l’arrivo su Torto, in una sorta di abiura al rumore per prendere posto con una fidata chitarra allo scorrere del tempo. Anche il lato visuale mostrato, un immaginario mai comune. Tante piccole cose che mi hanno spinto a cercare un contatto per scoprire un disco ed un progetto che sono veramente delle piccole perle, la musica che più di tutti ci piace spingere su questa pagina. Comambient è Riccardo Komesar e questo è il resoconto del nostro scambio.

Salve Riccardo e molto piacere!
Leggendo il tuo passato (soprattutto con Dyskinesia e Viscera///, entrambi progetti che adoro) mi viene da chiederti il tuo percorso musicale, come ti sia formato e che intreccio abbia avuto il suono pesante dei progetti appena citati a quello più intimo della chitarra acustica. Vivi in più mondi oppure sono legati a fasi della tua esistenza?

Come chitarrista sono autodidatta, mi è capitato in certi momenti di prendere lezioni ma più che altro mi sono servite per avere nuovi spunti; non ho una preparazione strutturata. Dal punto di vista dei progetti Dyskinesia è stato sicuramente il più personale della mia piccola storia musicale e ci sono ancora molto legato. Forse proprio per l›esperienza in prima persona, ma non lo vedo come qualcosa di troppo diverso. Con Dyskinesia, così come con i mie pezzi, quello che si prova a fare è di portare da qualche altra parte chi ascolta, di avere come un effetto diretto sulla sua testa, più che di essere ascoltati puntualmente.

Il brano di Jack London incluso nel tuo lavoro dà l’impressione di una liberazione della percezione ed in qualche modo della difficoltà a gestire la stessa. Cosa ti ha portato ad estrarre quelle righe e qual è il legame con il tuo vissuto o con la tua visione artistica?

Il testo di Jack London mi è stato consigliato da un amico e quando l’ho letto almeno uno dei pezzi -‹Il messaggio sotto al tumulo› – sicuramente era stato registrato. Ci sono arrivato dopo a collegare le due cose e comunque la musica non è direttamente ispirata al romanzo di London. C’è però un punto del libro che mi ha fatto pensare al modo in cui ascolto e suono: da una stessa situazione di partenza – un pezzo musicale, o per il libro un uomo incarcerato e messo in radicale isolamento – le storie possibili sono infinite. Questa è una cosa che sento molto, soprattutto rispetto alla musica ambient, o improvvisata, dove la struttura se c’è è meno evidente; ad acquisire valore – per me, chiaramente – è più lo svolgimento, il ‹racconto› della canzone.

L’immagine di copertina ritrae un albero spezzato attorniato da gabbiano, ma il terreno sembra essere ricoperto da un manto di neve, quasi uno stridore a livello climatico. La sensazione è, che si tratti di caldo o di freddo (in effetti potrebbe essere sabbia e non neve la base del tutto), che ci sia una sorta di rottura, di chiusa dalla quale partire. Vista la tua discografia queste tre storie sembrano essere i primi capitoli di un viaggio solitario. Cosa ti ha spinto così lontano da solo? In che tappa hai incontrato o percepito Tommaso e Mike, rispettivamente di Torto e Ramble?

Il disegno è di Andrea Petrucci, un bravissimo illustratore e amico di Fano. La tecnica utilizzata è quello del carboncino e la tavola è parte in realtà di una raccolta di decine e decine di altre tavole. In tutte c’è un po’ questa realtà strana: nella tavola in copertina al disco ad esempio, oltre all’accostamento inusuale spiaggia – neve, ci sono anche due punti di luce, il sole e un’area più chiara a sinistra nel cielo, difficili da spiegare o da immaginarsi nella realtà abituale. L’effetto che mi fa è quello di una realtà che è la stessa, ma un po’ diversa, da quella abituale, come se fosse successo qualcosa che avesse portato a nuove condizioni.
Il legame tra il disegno e la musica, come per il libro di London, è successivo, ma come per il libro ci sono assonanze, l›immagine e i suoni si danno una mano in un certo senso.
Tommaso l›ho conosciuto grazie a Davide Cedolin: è Davide infatti che mi ha indirizzato verso Torto ed in generale ha creduto molto nel disco, lavorando alla promozione e alla diffusione. Sia Tommaso che Davide mi hanno poi aiutato a ‹inscatolare› bene il disco, a dargli una forma. Io da solo avrei fatto sicuramente meno e peggio.
Ramble Records è stata coinvolta da Torto e anche questa è stata per me una grandissima e
piacevole sorpresa.

Di chitarristi più o meno folk, sperimentali e laterali ne è pieno il mondo. Quali sono state le tappe gli incontri sonori che ti hanno portato a Comambient ed al tuo suono personale?

Sicuramente John Fahey e Rod Poole. Darti però dei veri e propri momenti di passaggio è difficile in realtà. Provo a fare quello che mi piace, senza pensare ad altro.

La tua nomea, Comambient, potrebbe dare adito a qualche dubbio. Coma, ambiente, come
l’ambiente…da dove deriva? Ha un senso compiuto e perchè hai scelto di definirti in questo modo
invece che con il tuo nome reale? Sei di base a Pesaro ma il tuo cognome, Komesar, ha origini che non riesco a definire, qual è la tua storia?

Il nome non ha un particolare significato. E› il risultato di un po' di sovrapposizioni, dal nome ‹Koma›, mio vecchissimo progetto personale di musica ambient/noise, al modo in cui salvavo tracce suonate e registrate in casa. ‹Com› verrebbe da ‹Kom›, e forse il senso più prossimo sarebbe qualcosa come ‹la musica di Kom›. Non ho scelto di mettere il mio nome perché mi dava un’idea troppo definitiva; mi piace anche che sia qualcosa di ‹altro› rispetto a me.

Il viaggio musicale e la percezione che ognuno ha del suono è piuttosto personale, anche se si declina in collettivo al momento, magico, del concerto. Non dai molti indizi sulla tratta e lasci parecchio spazio all’immaginazione in questo senso. Se Comambient fosse un regista od uno scrittore e Tre Storie Per Chitarra un film od un libro dove potrebbero svolgersi? Che tipo di personaggi li abiterebbero?

Difficile anche questa. Rispetto a ‹Tre Storie per chitarra› e ai titoli delle canzoni, ho preso spunto da racconti di esplorazione dei poli (ed in parte, per la prima traccia, anche dal libro di London) e da un testo sulla speleologia. Se dovessi dirti un film che mi piacerebbe riuscire ‹a suonare› è Stalker di Andrej Tarkovskij, ma ovviamente siamo anni luce da quello che posso pensare di fare.

In che punto di Comambient arriva Tre Storie Per Chitarra? Quali sono i tuoi percorsi, come vorresti continuasse la tua storia a livello di produzione, incroci e rappresentazioni?

Tre Storie … arriva direi abbastanza all›inizio; la prima demo l›ho pubblicata nel 2022 come CMBNT, per darti un’idea della maturità del progetto. Passare all’acustico ha dato una spinta enorme, e adesso come adesso sto mantenendo questo approccio, ma non è detto che non cambi in futuro. In cantiere ci sono un po’ di registrazioni, anche collaborazioni, ma ancora niente che abbia una forma definita. Si vedrà!

Dal tuo sito vedo anche un’interesse verso la fotografia, anch’essa magra scarna, come la tua musica. È un altro modo di raccontare il mondo? Si uniscono mai le due arti, quella visiva e quella sonora?

No, non penso si incontreranno. Per evitare inevitabili pasticci o peggio cerco di limitarmi nelle cose che metto insieme o vicino eheh…

Per me è tutto, campo libero tuo se vuoi aggiungere qualcosa e grazie mille!

Grazie mille a te per lo spazio su Sodapop, mi ha fatto molto piacere. Un saluto!