Ultimo concerto dell'anno alla Locanda (si riprenderà a primavera) con il nome da me più atteso, quei Cobra Experience che avevo visto un annetto fa all'Ekidna. Al tempo il gruppo, un quartetto che comprendeva il batterista dei G.I. Joe e il chitarrista dei Nervous Kid in veste di bassista coadiuvati da una sezione di percussioni e da un flauto traverso, diede vita a un gran concerto di musica free fortemente psichedelica. È quindi con un po' di disappunto che noto come stasera la formazione sia un semplice terzetto con "banali" batteria, chitarra e basso, essendosi aggiunto ai due membri base il chitarrista dei Buzz Aldrin. In realtà in prima battuta questi strumenti rimangono a riposo in favore di due steel guitar, così come poco usate sono le pelli, concentrandosi il batterista sui piatti, battuti delicatamente. Chiedo venia per aver dubitato: lo spirito è sempre lo stesso, semplicemente il Cobra cambia pelle, per scelta o necessità, cercando e creando nuove situazioni. Ad una delle steel che stende un leggero drone di fondo risponde l'altra ricamando melodie aleatorie, mentre la batteria si fa via via più percussiva: se a Pompei al posto dei Pink Floyd ci fossero stati i Popol Vuh di Affenstunde, il risultato sarebbe stato qualcosa di simile. Intanto il suono va sempre più incanalandosi verso sonorità rock, sebbene in strutture piuttosto libere: una steel è sostituita dal basso, la tensione sale e quando anche la seconda lascia il posto alla chitarra siamo in pieno vortice elettrico. Nel giro di un quarto d'ora il pezzo da etereo si è fatto solido, in un crescendo che il cambio d'assetto in corsa ha contribuito a rendere ancor più marcato. Già che siamo ormai stati condotti in territori elettrici, su questi si gioca il secondo brano, meno esaltante: un lungo hard free form potente ma non memorabile, soprattutto incapace di ricreare il trasporto del precedente. Quel che è peggio è che tutto sembra concludersi qui, coi musicisti che salutano e ripongono gli strumenti: urli di disappunto e qualche applauso li convincono a continuare. Si fa dunque un mezzo passo indietro, il basso rimane ma la chitarra fa nuovamente spazio alla sorella orizzontale e subito si ripresentano le atmosfere sognati, coi profili sfumati dal suono della steel e la sezione ritmica che cerca di dare concretezza al tutto. Il canovaccio è simile a quello iniziale e non è un male: la formazione è inedita e di recente costituzione, le possibilità date da un simile assetto strumentale tutto sommato limitate ed è svariando su questi schemi che la band rende al meglio, quindi giusto perseverare. Si ripropone quindi la staffetta col ritorno della chitarra, i toni si alzano con la batteria che scompiglia figure matematiche, il basso che lotta per far quadrare i conti e i presenti che si fanno di buon grado trascinare verso la conclusione, finalmente soddisfatti. Un bel finale, decisamente. Restano solo due domande; la prima: cosa ci riserverà la nuova stagione della Locanda? La seconda: come ci si presenteranno i Cobra Experience la prossima volta? Potrei oziosamente rispondere con una citazione di Lucio Battisti, ma forse è meglio chiudere qua.