Dopo circa due anni è tornata l’acida accolita di Zoé ed Augustin Sjollema, alias i Citron Citron. Questa volta hanno registrato e propdotto il disco, Maréternelle da soli, allargando però la loro formazione ad un paio di strumentisti a theremin e sintetizzatore (Fhunyue Gao e Sébastien Bui rispettivamente) mantenendo uno spleen francese in grado di dare una forte connotazione al tutto, come se avessero deciso di spegnere le luci a Kekeland di Brigitte Fontaine, rubandole tutti i colori.
Restano le tastierine giocattole, l’ottica casalinga di una musicalità intima che si sposta volentieri in una classicità sinfonica e tenue, come la delicata Dans ma bulle. Poi delicati movimenti dub come gli esercizi su una spiaggia all’alba per un perfetto Portamento. Quando i brani si fanno più tristi e melanconici la lingua aiuta a bearsi, perennemente di fornte al freddo Mer du Nord, gabbiani compresi. Zoé riesce a garantire l’equilibrio fra il gioco ed il teatro, con una capacità di farci passare dai sorrisi agli occhi lucidi nel giro di due minuti, tenendoci ormai per la collottola. Augustin di suo soffia sulle bolle di suono di bazar tout nu in costume adamitico e nei prati della propria giovinezza nella seguente Par un temps pareil. Ascoltando i Citron Citron si corre seriamente i rischio di immaginarci all’interno dei nosti album dei ricordi di famiglia, in un flusso che ci ricorda gli Stereo Total più bucolici. Poi torna Zoé, per concludere il disco con le consuete cineserie giocattolo che fanno dei Citron Citron uno dei progetti pop più beatamente elementari in auge di questi tempi. Cose piccole e curate, nella sicurezza di album che puntano direttamente al nostro ipotalamo, rilasciando un turbinio di emozioni.